Parkinson, ok del Chmp per safinamide, una vittoria della ricerca italiana

Una volta approvato in via definitiva, il farmaco sarà messo in commercio con il marchio Xadago.

sabato 20 dicembre 2014

Pharmastar Oggi il comitato di esperti dell’Ema, il Chmp, ha dato parere favorevole all’approvazione della safinamide come terapia aggiuntiva nel trattamento della malattia di Parkinson. Sviluppata da Zambon e Newron, è una molecola frutto della ricerca italiana. Una volta approvato in via definitiva, il farmaco sarà messo in commercio con il marchio Xadago.
 
Il parere positivo si riferisce all’uso del farmaco quale add on alla levo dopa, anche in associazione ad altri trattamenti per il Parkinosn, in pazienti con malattia in fase moderata o avanzata che presentano fluttuazioni motorie (complicanze associate alla terapia cronica con levodopa che si manifestano dopo 5-10 anni di trattamento).

La decisione del Chmp si basa sui risultati di due studi internazionali di fase III controllati con placebo e condotti su oltre 1.100 pazienti.

L’ok del Chmp arriva dopo che diversi studi hanno confermato la validità di questo farmaco come coadiuvante nella malattia di Parkinson; infatti, insieme alla levodopa, ha dimostrato di ridurre la discinesia e di determinare significativi benefici clinici in relazione all’aumento dei tempi ON (senza discinesia fastidiosa), alla riduzione dei tempi OFF, alla capacità di svolgimento delle attività quotidiane, al miglioramento della sintomatologia motoria, al miglioramento della qualità di vita e alla riduzione dei sintomi depressivi.

Il morbo di Parkinson è una malattia neurodegenerativa causata da una complessa interazione di perdita del sistema dopaminergico e dei sistemi neurotrasmettitoriali non dopaminergici. 
Farmaci che agiscono sulle vie dopaminergiche sono oggi il cardine del trattamento per i sintomi motori. 

Esiste un problema con questa sostanza, e cioè il fatto che a distanza di alcuni anni, durante i quali il malato ha assunto regolarmente e quotidianamente la levodopa, compaiono numerosi effetti collaterali assai disturbanti, ed in particolare le fluttuazioni motorie e le discinesie.

Le fluttuazioni motorie consistono nel fatto che durante la giornata il malato presenta delle variazioni consistenti nella sua capacità motoria, nell’esecuzione delle sue prestazioni motorie, per cui passa in modo più o meno repentino da una condizione definita "fase on" ad una altra definita "fase off". Nella "fase on" il parkinsoniano è in grado di svolgere tutte le attività della vita quotidiana (vestirsi, mangiare, lavarsi, parlare, levarsi dal letto ecc.) nella "fase off" invece tutte queste abilità diventano difficoltose o impossibili e ricompaiono i sintomi della malattia (rigidità, acinesia, tremore), che erano assenti nella "fase on" (per una più diffusa illustrazione delle fluttuazioni motorie fare riferimento alla domanda : cosa sono le fluttuazioni motorie?).

Il prof. Paolo Barone, responsabile del Centro Parkinson e Disturbi del Movimento dell’Università degli studi di Salerno ha dichiarato ai microfoni di PharmaStar:“ Dopo anni di utilizzo nei soggetti parkinsoniani, la levodopa può non funzionare più come nei primi anni perché il cervello non è in grado più di utilizzare bene la dopamina che viene prodotta anche da altre cellule e in maniera confusa”.

“Proprio in questo momento-ha proseguito il prof. Barone- può essere d’aiuto l’aggiunto della safinamide al trattamento. Gli studi clinici conclusi dimostrano che questo farmaco aumenta la fase di sblocco (on) di oltre 1 ora nell’arco della giornata. I dati sembrano anche suggerire che il potenziamento della levodopa non produce aumento della discinesia”.

Safinamide è un alfa-aminoacido derivato somministrato che negli studi fatti finora ha mostrato un meccanismo d'azione duplice e innovativo basato sull'incremento della funzione dopaminergica (attraverso un’inibizione potente e reversibile della monoamino-ossidasi di tipo B e del reuptake della dopamina) e la riduzione dell'attività glutammatergica inibendo il rilascio del glutammato. Non ha invece effetto sulla monoamino-ossidasi di tipo A e sull'inibizione del riassorbimento della dopamina.

“Il meccanismo-ha sottolineato il prof. Barone- non si concentra solo sulla via dopaminergica ma anche su altre vie in particolare quella glutammatergica e con meccanismi non solo di tipo recettoriale ma anche sul controllo dei flussi di ioni soprattutto di ioni sodio. Si aspettano, quindi, proprietà diverse e un controllo diverso sui sintomi, soprattutto quelli motori grazie all’azione aggiuntiva su quanto già esplicato dalla levadopa (effetto add on)”.

Studi di fase III hanno anche mostrato che questa molecola è un utile terapia aggiuntiva agli agonisti della dopamina nei primi mesi della malattia di Parkinson (PD) e ha dimostrato di aumentare il tempo, senza aumentare le fastidiose discinesie quando viene utilizzato come terapia aggiuntiva alla levodopa in pazienti con PD avanzato. È anche possibile un ruolo neuroprotettivo nell'inibire la progressione della malattia PD che è al vaglio in diversi studi.

Gli studi suggeriscono che safinamide, in aggiunta alla levodopa e ad altri dopaminergici, potrebbe aiutare i pazienti che continuano ad avere tremori e movimenti involontari nonostante la terapia di base.

Ad esempio, uno studio internazionale pubblicato all’inizio del 2014, a cui hanno partecipato anche due esperti italiani, Paolo Stanzione, della Clinica Neurologica dell’Università Tor Vergata e dell’IRCCS Fondazione Santa Lucia, e Fabrizio Stocchi, responsabile del Centro per la cura e la diagnosi del Parkinson dell’IRCCS San Raffaele Pisana di Roma, ha dimostrato che la somministrazione aggiuntiva (add-on) al trattamento con levodopa di safinamide al dosaggio di 50 o 100 mg/die aumenta in modo significativo il tempo totale “on” (situazione di mobilità) con disturbi discinetici assenti o non fastidiosi, diminuisce il tempo “off” (improvvisa incapacità a muoversi), e riduce i sintomi del parkinsonismo e quindi, che safinamide allevia i sintomi motori e il parkinsonismo senza peggiorare la discinesia.

Safinamide è una molecola che è stata all’inizio scoperta da Farmitalia-Carlo Erba, ed è poi passata alla biotech Newron per lo sviluppo. Il padre della safinamide è il professor Fariello, neurofarmacologo che lavorava nella prima azienda e poi ha fondato la seconda. 
Nel 2012, dopo la decisione di Merck Serono di non finanziare più l’iter di sviluppo di safinamide, Newron ha firmato un accordo di collaborazione strategica e un contratto di licensing con Zambon Farmaceutici per questo farmaco sperimentale. 

Esistono anche altri farmaci che vengono utilizzati per il trattamento del Parkinson oltre alla levodopa. Citiamo i dopaminoagonisti vanno a stimolare direttamente il recettore dopaminergico svolgendo così compiti simili a quelli della dopamina all’interno dei gangli della base.
 I dopamino agonisti possono esser utilizzati in monoterapia all’inizio di malattia o in associazione alla levodopa ed ad altri farmaci nelle fasi più avanzate. Ci sono poi gli inibitori enzimatici. La levodopa viene metabolizzata in periferia da due enzimi le dopa decarbossilasi (DDC) e le catecol-O-metiltransferasi (COMT) bloccandoli si consente alla levodopa di permanere più a lungo nel sangue. Ci sono poi gli inibitori delle monoaminoossidasi di tipo B (MAOB) bloccano l’enzima che distrugge la dopamina nel cervello. 

Ci sono poi altri farmaci (oltre a quelli già citati) in grado di controllare i sintomi come anticolniergici, oppure l’amantadina. Spesso vengono adoperati quando si cerca di rimandare il più a lungo possibile l’inserimento della levodopa per cercare di rimandare la comparsa degli effetti collaterali associati all’utilizzo della stessa. Parliamo delle fluttuazioni motorie e ipercinesie che realizzano la cosiddetta "fase scompensata della malattia" che compare appunto dopo alcuni anni di utilizzo della levodopa. 

Il tema di quando inserire la levodopa nel trattamento di un paziente con PD è un tema molto dibattuto. D’altra parte è importante una altra considerazione; se noi non diamo al nostro malato la levodopa per un periodo piuttosto lungo, non gli permettiamo di godere per tutto quel periodo dei benefici derivanti dall’uso della levodopa.

In conclusione, non esiste ancora il farmaco ideale per il trattamento della malattia di Parkinson ma l’ok del Chmp per la safinamide da la possibilità di avere una speranza in più per i malati di parkinson sia nelle fasi iniziali della malattia nel controllare meglio i sintomi senza peggiorare le discinesie ma soprattutto nei pazienti che già da anni utilizzano la levodopa e nei quali il trattamento non produce più gli effetti sperati. Questa molecola ha appunto tra i vantaggi quello di apportare benedifici nella fase scompensata della malattia.

Emilia Vaccaro


Kandadai RM. et al. Safinamide for the treatment of Parkinson's disease. Expert Rev Clin Pharmacol. 2014 Nov;7(6):747-59. doi: 10.1586/17512433.2014.968555. Epub 2014 Oct 10.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25300164

Borgohain R, Szasz J, Stanzione P, et al. Randomized trial of safinamide add-on to levodopa in Parkinson's disease with motor fluctuations. Mov Disord, 2013 Dec 9.
http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/mds.25751/abstract