Medico sbaglia certificato telematico: dramma per un'impiegata

Il medico: è un sistema estremamente rigido, che si è dimostrato incapace di rispondere a una casistica di certo prevedibile

mercoledì 19 luglio 2017

Dott Net

Una banale svista al computer che si trasforma in un dramma per un'insegnante di 38 anni. Il suo medico di famiglia sbaglia la data sul certificato telematico dandole un mese in più di malattia. Ma lei non se ne accorge e rientra al lavoro dopo un periodo, quello indicatole a voce dal professionista, ben al di sotto di quanto invece riportato sulla ricetta. Insomma la professoressa doveva essere a casa: e infatti scatta la visita fiscale ma il medico dell’istituto di previdenza non la trova. 

A quel punto, come riporta il Tirreno, parte la segnalazione e a niente serve la dichiarazione della lavoratrice e anche del datore di lavoro (peraltro pubblico) che attesta che la donna ha ripreso nei tempi previsti l’attività e che il giorno della visita fiscale era al suo posto. Per l’Inps si è trattato di un’assenza ingiustificata alla visita di controllo.

Un errore in buona fede del medico di famiglia diventa un problema. Colpa, però, anche di un sistema estremamente rigido, che si è dimostrato incapace di rispondere a una casistica di certo prevedibile e poco disposto a risolvere una palese incongruenza.

Protagonista un’insegnante livornese di 38 anni e uno dei medici più noti in città,  Enrico Bianchi, ex presidente del consiglio comunale e attualmente vice presidente dell’Ars, l’agenzia regionale della sanità. E’ lo stesso Bianchi a raccontare la storia al quotidiano toscano, dopo averla a gran fatica risolta, quasi sei mesi dopo i fatti rivolgendosi direttamente alla direttrice Inps  Lucia Terrosi. «Il 2 gennaio – ricorda il medico – ho visitato una paziente e ho inoltrato per via telematica il certificato di malattia. Per errore però, di cui mi prendo la responsabilità, ho indicato come fine prognosi la data del 7 marzo anziché quella corretta del 7 febbraio, che avevo anche comunicato alla paziente».

Il caso vuole che il 9 febbraio il medico fiscale si rechi al domicilio dell’insegnante, non trovandola perché la donna l’8 febbraio aveva correttamente ripreso il suo lavoro in classe. «Quando alla paziente è stata contestata l’assenza, mi ha chiesto spiegazioni e a quel punto mi sono accorto che avevo indicato il mese sbagliato», racconta il medico di famiglia: «Ho certificato su foglio bianco la prognosi reale con ammissione del mio errore. Nel frattempo anche la scuola ha attestato che dall’8 febbraio la signora aveva regolarmente ripreso il lavoro».

La pratica, si legge sul Tirreno, è andata avanti e il 6 luglio l’insegnante si è vista costretta a recarsi all’Inps per provare a chiarire la questione. «Ma all’ufficio non c’è stata possibilità di dialogo: le hanno detto che avrebbe perso i giorni di malattia e che era inutile fare ricorso perché era risultata assente alla visita fiscale», continua Bianchi. «A quel punto, mortificato per l’errore e per il danno che avevo arrecato alla mia paziente, mi sono mosso in prima persona. D’altra parte credo che un medico con oltre 1500 assistiti possa sbagliare un certificato e questo debba in qualche modo essere previsto».

Bianchi ha scritto alla direttrice dell’Inps di Livorno Lucia Terrosi e dopo una settimana ha avuto risposta positiva: il caso è stato risolto in autotutela e all’insegnante sono state evitate penalizzazioni. «Ma il sistema comunque – continua il medico – ha dimostrato di non funzionare. La gentile direttrice dell’Inps, che ringrazio per la disponibilità, mi ha ricordato che nel caso di errori di compilazione del certificato, il medico curante può rettificarlo attraverso la procedura telematica prima della fine del periodo di malattia concesso. Ma è palese che non essendo rilasciato alcun certificato cartaceo al paziente, egli non possa rendersi conto dell’errore, non prima che il periodo di malattia sia terminato. E non è detto che se ne accorga il medico, che visita decine di pazienti al giorno e invia altrettanti certificati. La falla è evidente: credo che sarebbe opportuno prevedere un modo per rettificare in autotutela gli errori in qualunque momento, magari un numero verde. E’ chiaro che se mi accorgo prima di un errore, provvedo alla rettifica, ma in un caso come questo è possibile che debba rimetterci la paziente o che si possa risolvere solo se il medico chiede l’interessamento del direttore?».