Allarme dalle Regioni: la salute non è più tutelata

La spesa è indegna di un Paese civile Sindacati, no alla flat tax. Confindustria, indubbia la correzione dei conti

mercoledì 16 maggio 2018

Dott. Net

Allarme delle Regioni sulla sanità "non più adeguata a quella di un Paese civile" e non in grado di garantire nemmeno la difesa minima della salute. Di fronte alle Commissioni speciali di Camera e Senato riunite per l'esame del Documento di Economia e Finanza, la Conferenza delle Regioni mette sul tavolo la situazione attuale dei Lea, i livelli essenziali di assistenza, ovvero le prestazioni minime garantite gratuitamente o tramite ticket dal Sistema sanitario nazionale.

Dal 2018 al 2019, ha spiegato l'assessore al Bilancio della Regione Lombardia, Davide Caparini, la spesa sanitaria scenderà "dal 6,6% a 6,4% del Pil", un passaggio critico, perché la soglia del 6,5% è considerata dall'Ocse "come livello minimo per garantire la tutela della salute". I tagli alle spese sul welfare vanno arginati subito aggiornando il vecchio Patto della salute 2014-2016, "invertendo il trend degli ultimi sei anni" ed avviando un nuovo programma pluriennale di edilizia sanitaria.

"Bisogna investire - ha spiegato Caparini - in capacità, competenze e infrastrutture", perché l'Italia è un caso anche in Europa, dove ben "14 paesi investono di più". "Siamo fanalino di coda nei Paesi del G7, ma siamo secondi come richiesta ai cittadini", insomma, "lo Stato investe meno e i cittadini pagano molto di più rispetto agli altri paesi G7", ha insistito. Considerazioni condivise in pieno dai sindacati, che denunciano come in alcuni ambiti territoriali il sistema sia effettivamente a rischio tenuta.

La preoccupazione di Cgil, Cisl e Uil è però anche per il sistema fiscale che va sì riformato ma pensando a rafforzare la progressività, non alla flat tax o a nuovi condoni. Essenziale anche la sterilizzazione dell'Iva purché "non avvenga - sottolinea la Cgil - con nuovi tagli di spesa pubblica" ormai ridotta al lumicino. Sul disinnesco delle clausole di salvaguardia convergono tutte le parti sociali e le rappresentanze, ascoltate in massa dalle Commissioni. Confindustria teme un calo dei consumi del 3% e chiede quindi che l'aumento dell'aliquota venga evitato, ma non con misure recessive che metterebbero a rischio la ripresa.

Soprattutto, avvertono gli imprenditori, avendo ben presente che sui conti pubblici non bisogna abbassare la guardia perché una correzione è indubbiamente alle porte. L'esposizione dell'Italia sui mercati internazionali è alta e l'impegno primario, da indicare nella - o nelle - risoluzione al Def, deve essere quello di rispettare gli impegni europei sulla riduzione del debito. Dall'Ance arriva infine una richiesta specifica in difesa del settore, uno dei più penalizzati dalla crisi: quella di non toccare gli incentivi edilizi. "Un ripensamento di ecobonus e sismabonus sarebbe - secondo l'associazione - devastante".

 "Siamo in un trend regressivo per quello che riguarda il diritto alla salute. Questo fa sì che le risorse stanziate non siano adeguate agli impegni presi, prima di tutto riguardo le prestazioni previste nei nuovi livelli di assistenza (Lea), che ancora restano un miraggio per la maggior parte dei cittadini". Così all'ANSA Tonino Aceti, coordinatore Nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, in merito all'allarme lanciato a nome della Conferenza delle Regioni da Davide Caparini, assessore al bilancio della Lombardia, in audizione sul Def alle Commissioni speciali di Camera e Senato.

  "Da oltre un anno - sottolinea Aceti - aspettiamo il decreto che doveva ridefinire le nuove tariffe relative al nomenclatore dei dispositivi e l'elenco delle prestazioni specialistiche. Il mancato varo, forse proprio perché non tornano i conti e non ci sono le risorse necessarie, crea un tappo che impedisce ai cittadini di usufruire di quanto previsto nei nuovi Lea". Come denunciato oggi dalle Regioni, la riduzione dell'incidenza del Fondo sanitario sul Pil dal 6,6% al 6,4% "porta il nostro paese a essere maglia nera tra i Paesi Ocse". Tuttavia, denuncia Aceti, "la programmazione della spesa pubblica per la sanità non è figlia solo dell'ultimo Def e di appelli ne abbiamo lanciati già tanti. Basti pensare che per il 2018 era previsto inizialmente un finanziamento per la sanità di 115 miliardi, ma è poi stato ridotto a 113,4 miliardi". Quindi l'appello alla Commissione speciale, affinché "convochi anche le associazioni che rappresentano i cittadini. Se non arriverà un invito, procederemo con una richiesta di audizione".