Arteriopatia obliterante periferica, per l'Europa l'obiettivo è "amputazioni zero"

Si tratta di patologia subdola, molto spesso asintomatica

mercoledì 22 marzo 2017

Doctor 33

Una malattia non di rado asintomatica (prime manifestazioni sono crampi, piedi freddi, difficoltà alla deambulazione), spesso sottodiagnosticata e che, se non correttamente trattata, può evolvere fino ad amputazioni minori o maggiori: l'arteriopatia obliterante periferica (Aop) colpisce dal 5 all'8% della popolazione italiana (oltre il 20% sopra i 70 anni) ed è stata l'argomento di un convegno a Milano in occasione della 4ª edizione delle Giornate europee su arteriopatia e malattie vascolari. L'obiettivo tendenziale è arrivare ad "amputazioni zero" attraverso una diagnosi precoce e una corretta prevenzione, aggiungendo che una corretta terapia potrebbe comunque ridurre drasticamente le amputazioni evitabili.

«Quando un paziente arriva con un'ischemia critica» afferma Andrea Stella, chirurgo vascolare e toracico all'Aou Sant'Orsola Malpighi di Bologna e presidente Sicve (Società italiana di chirurgia vascolare ed endovascolare) «il rischio di amputazione è del 50%. Instaurando una corretta terapia questa percentuale si potrebbe ridurre drasticamente fino al 15%. Dobbiamo tendere a evitare l'amputazione anche perché solo il 20-30% dei pazienti con un arto artificiale riesce a deambulare in maniera sufficiente». Prevenire un'amputazione, ha sottolineato Stella, ha un profondo valore etico. «Per facilitare la diagnosi» commenta Mariella Catalano, Angiologia Ospedale Luigi Sacco, Università degli Studi di Milano e presidente Vas (Vascular independent research and education - European organization) «il primo semplice passo può essere il FeeTest proposto a livello europeo, che coinvolge la popolazione nell'autosospetto diagnostico di arteriopatia: è costituito da un semplice questionario e dall'autopalpazione delle arterie del piede. Se il risultato è dubbio o indicativo di Aop ci si rivolge al medico di medicina generale (Mmg) per una conferma e, in caso positivo per l'indicazione, all'esecuzione di un test Abi (indice caviglia - braccio)» che permette «una diagnosi precoce e la salvaguardia della vita, dell'integrità e della qualità della vita del paziente».

«L'indice Abi è semplice, affidabile e bisognerebbe effettuarlo di routine nei pazienti che hanno più di 50 anni e sono affetti da diabete, fumatori, ipertesi, dislipidemici o presentano familiarità per malattie cardiovascolari» precisa Antonino Mazzone, direttore Area medica, Asst ovest milanese e responsabile Fadoi rapporti con le istituzioni. Per Adriana Visonà, Uoc Angiologia, Marca Trevigiana (TV) e presidente Siapav (Società italiana di angiologia e patologia vascolare) «la prima cosa da fare è correggere gli eventuali fattori di rischio (dislipidemia, ipertensione, diabete) con farmaci che, associate alla terapia antiaggregante, costituiscono la migliore terapia medica. In parallelo andrebbero attuati cambiamenti terapeutici degli stili di vita non corretti: smettere di fumare, mangiare in modo equilibrato riducendo l'assunzione di grassi, colesterolo e zuccheri, cercando di raggiungere un peso corporeo ragionevole. Inoltre è fondamentale effettuare un'adeguata attività fisica». Non sempre questi interventi sono sufficienti nel miglioramento della patologia, è stato fatto notare. Esistono infatti farmaci con specifica indicazione al trattamento della patologia nei suoi diversi stadi, in particolare il cilostazolo (inibitore della fosfodiesterasi III ad attività antitrombotica e vasodilatante, utile nelle fasi più precoci dell'Aop) e l'iloprost (analogo sintetico della prostaciclina con effetti pleiotropici sul sistema vascolare, indicato nelle fasi più avanzate).

Di fondamentale importanza è l'informazione sulla patologia. In tal senso è stato avviato un percorso da Italfarmaco di supporto alla diagnosi in 4 fasi: dopo l'incontro di Milano, sarà condotta una survey sulla classe medica specialistica per l'identificazione degli unmeet needs; quindi saranno predisposti flyers informativi sulla patologia e sul test Abi per creare awareness presso i Mmg. Infine è previsto lo sviluppo di una App che permette il contatto diretto tra clinici, pazienti e caregivers per l'intera durata del percorso diagnostico.