Azitromicina riabilitata.

Il rischio di aritmia ventricolare dipende dal paziente, non dall'antibiotico

martedì 09 maggio 2017

Pharmastar

L'attuale impiego di azitromicina è stato collegato a un rischio aumentato del doppio di aritmia ventricolare rispetto a nessun uso di antibiotici ma tale rischio è scomparso quando l'uso di azitromicina è stato confrontato con l'uso di amoxicillina nell'ambito di un grande studio europeo, ARITMO. Secondo un'analisi pubblicata su “CMAJ” (Canadian Medical Association Journal) ciò porta in primo piano le condizioni del paziente rispetto a un effetto del macrolide.

Lo studio ARITMO (Arrhythmogenic Potential of Drugs) è stato condotto in oltre 14 milioni di ambulatori in cinque paesi europei (1). I risultati dell’attuale analisi (2) suggeriscono che «il rischio di aritmia ventricolare con l'uso di azitromicina sia probabilmente dovuto principalmente al cattivo stato di salute del paziente a causa dell'infezione sottostante piuttosto che a causa del farmaco stesso» secondo gli autori, guidati da Gianluca Trifirò, dell’Erasmus University Medical Center, Rotterdam (Olanda) e dell’Università degli Studi di Messina.

Il rischio di aritmia ventricolare con azitromicina è probabilmente trascurabile rispetto ad altri antibiotici, sebbene i pazienti ad alto rischio, come quelli molto anziani o molto giovani oppure con condizioni cardiache preesistenti, devono essere attentamente monitorati quando stanno assumendo qualsiasi antibiotico, spiegano i ricercatori.

Del resto, segnalano Trifirò e colleghi, vi sono risultati contrastanti tra grandi studi epidemiologici che hanno esaminato il rischio di morte cardiovascolare e, più raramente, aritmia cardiaca nei pazienti che hanno ricevuto azitromicina.

Dati raggruppati da sette database per un totale di 28 milioni di pazienti
Per determinare il rischio di aritmia ventricolare con l'uso di azitromicina, sono stati analizzati i dati di ARITMO, relativi a oltre 28 milioni di pazienti, ricavati da sette database basati sulla popolazione in Danimarca, Germania, Italia, Olanda e Regno Unito, dal 1997 al 2010.

I ricercatori hanno identificato 14 milioni di pazienti adulti fino all'età di 85 anni che avevano ricevuto una nuova prescrizione per un antibiotico (per lo più da un medico di medicina generale), tipicamente per un'infezione respiratoria o urinaria. I pazienti sono stati esclusi se avevano assunto un antibiotico nell'anno precedente, erano malati di cancro o erano stati ricoverati in ospedale.

Di questi pazienti, 12.874 pazienti hanno sviluppato aritmia ventricolare e ciascun caso è stato abbinato a 100 pazienti di controllo dello stesso database con stessa età (entro un anno), genere e data della prescrizione iniziale di antibiotico. I pazienti nei due gruppi (casi e controlli) avevano un'età media di 64 anni; un terzo era di età inferiore ai 60 anni; il 55% era di età compresa tra 60 e 79 anni e il 12% tra gli 80 e gli 85 anni. Due terzi erano uomini.

Rispetto ai controlli, i pazienti che hanno sviluppato aritmia ventricolare avevano una probabilità significativamente maggiore di avere fibrillazione atriale, cardiomiopatia, malattia coronarica, squilibrio elettrolitico, ipertensione, malattia arteriosa periferica, uso pregresso di antiaritmici, malattie respiratorie croniche, diabete, obesità, disordini del metabolismo lipidico o di assumere farmaci che possono indurre ipocalcemia o prolungare l'intervallo QT.

Tra i pazienti che hanno sviluppato aritmia ventricolare, 1.221 erano utilizzatori correnti di azitromicina (30 pazienti), amoxicillina (165 pazienti) o altri antibiotici (1026 pazienti).

L'uso attuale di azitromicina è risultato associato a un aumento del rischio di aritmia ventricolare rispetto a nessun uso di antibiotici (hazard ratio [HR]: 1,97; intervallo di confidenza al 95% [95% CI]: 1,35-2,86) ma, in un'analisi aggregata dei sette database, tale aumento di rischio non si è confermato dopo confronto con l'utilizzo di amoxicillina (HR: 0,94; 95% CI: 0.50-1,77) e aggiustamento per vari fattori confondenti (ovvero le comorbilità citate sopra).

I risultati sono stati simili in analisi separate per ogni database. «Potremmo attenderci al massimo 8.07 casi in eccesso di aritmia ventricolare associati all’uso di azitromicina per 100.000 anni-persona rispetto al non uso di antibiotici» concludono i ricercatori.

Il “warning” della FDA, vigente dal 2013
Eppure negli USA è tuttora vigente un “warning” di sicurezza risalente al 2013 voluto dalla Food and Drug Administration (FDA) secondo cui l'azitromicina rappresenta un rischio per aritmia potenzialmente fatale in alcuni pazienti. Un avvertimento in gran parte basato su uno studio del 2012.

«Forse la FDA ha voluto prendere un approccio conservatore e prudente» è il commento di Trifirò «emettendo un avvertimento sul rischio di disturbi del ritmo cardiaco con azitromicina, dato che a quel tempo le notizie erano allarmanti e considerando quanto sia ampiamente utilizzato questo antibiotico».

Inoltre, è abbastanza plausibile che l'aumento del rischio cardiovascolare derivante dall'azitromicina nella popolazione americana Medicaid valutata nello studio che ha poi indotto l'FDA a emanare il warning «rimanga valido per quella particolare popolazione, mentre non sia altrettanto elevato per altre popolazioni» ha aggiunto. Tanto che, ribadisce Trifirò, «i nostri risultati suggeriscono che questo eccesso di rischio sarebbe trascurabile in una popolazione ambulatoriale europea».