Cumulo gratuito e ricongiunzioni pregresse: istruzioni per l'uso

Nei meandri delle regole per la ricongiunzione contributiva

giovedì 18 gennaio 2018

Fonte: Doctorsite

Il cumulo gratuito dei contributi è un’opportunità troppo ghiotta per lasciarsela scappare e sono ormai tantissimi quelli che stanno facendo conti su conti per valutare nel proprio caso personale la convenienza dell’operazione.

 Paradossalmente, come spesso avviene nello Stato italiano, non sempre i più previdenti hanno ragione. Alcuni soggetti, infatti, per recuperare contribuzione parcellizzata in diverse gestioni, hanno in passato attivato l’istituto della ricongiunzione, che avrebbe dovuto consentire loro, pur dietro un pagamento a volte consistente, la formazione di un’unica pensione. Ora, con il cumulo, questo stesso obiettivo si raggiunge senza sborsare un centesimo e allora, anche se c’è il contentino di avere una pensione generalmente più generosa, cominciano i ripensamenti.

 Se la ricongiunzione è perfezionata (cioè tutti i pagamenti sono stati effettuati, i contributi trasferiti ovvero la pensione è già in godimento) non c’è più nulla da fare, lo dice la legge, perché non c’è più ragione di effettuare il cumulo. Ma cosa accade se invece il pagamento dell’onere della ricongiunzione è ancora in corso?

 Fino al 31 dicembre 2017 è ancora possibile rinunciare ad una ricongiunzione chiesta ai sensi della legge n. 29 del 7 febbraio 1979 (cioè fra gestioni del perimetro pubblico, escluse le Casse private), a patto che sia ancora in corso (cioè se il pagamento non si è ancora concluso ovvero se non si è già pensionati beneficiando della ricongiunzione richiesta). Dopo aver fatto la rinuncia, l’importo versato verrà restituito senza la maggiorazione degli interessi.

 Questa possibilità non è prevista per le ricongiunzioni relative alle Casse private (legge 45/90), probabilmente perché il legislatore, nella fretta di portare a casa questo risultato storico, non si è preoccupato di armonizzare le discipline. Quindi, se è coinvolto l’Enpam, la normativa del cumulo non prevede il recesso dalla ricongiunzione.

Ma in realtà la scappatoia dovrebbe continuare ad esistere, e nemmeno essere soggetta al termine perentorio del 31 dicembre 2017. La Circolare Ministeriale n. 171/91 in applicazione dell’art. 4, comma 2 della citata legge 45/90 dispone infatti testualmente: In caso di versamento «parziale» dell’onere dovuto, qualora il pagamento della residua parte dell’onere non sia effettuato, ciò non determina rinuncia all’esercizio della facoltà, bensì risoluzione per inadempienza dei rapporti obbligatori conseguenti a tale esercizio con tutte le implicazioni che, sul piano giuridico, ne derivano, quali la impossibilità di richiedere interessi sulle somme già versate, fermo restando l’obbligo della restituzione delle medesime da parte della gestione che le ha introitate.

 Insomma, chi volesse seguire la strada del cumulo, pur con la ricongiunzione in corso, non dovrebbe far altro che smettere di pagare e determinare una risoluzione dell’istituto per inadempimento. Teoricamente, per accelerare i tempi, dovrebbe essere possibile anche una dichiarazione scritta nella quale si dichiari esplicitamente tale volontà.

 Inoltre (e anche qui i casi sono molti) se si è ricongiunto in passato un periodo Enpam da convenzione (es. del Fondo Generici) sull’Inps, senza ricongiungere la Quota A perché all’epoca ancora attiva, ma adesso si vogliono utilizzare proprio i periodi di contribuzione di “Quota A” Enpam per anticipare il pensionamento, la pregressa ricongiunzione non dovrebbe a questo fine pregiudicare l’istituto del cumulo. Lo dice espressamente al paragrafo 5 la Circolare Inps n. 60/2017, emanata a livello interno ma certamente applicabile a livello generale: “L’esercizio della facoltà di ricongiunzione… non preclude di per sé il cumulo dei periodi assicurativi non coincidenti, al ricorrere dei prescritti requisiti.”