Ipotesi di calcolo delle prestazioni Enpam: alcuni dubbi da sciogliere

Sono molti i medici di famiglia che accedono al servizio busta arancione , per avere un’idea dell’importo della loro futura pensione.

lunedì 11 settembre 2017

Doctorsite

Oltre ai medici di famiglia che accedono al servizio busta arancione, sono numerosi anche i sanitari, magari con posizioni dubbie o difficili, che decidono di rivolgersi direttamente all’Ufficio Ipotesi del Servizio Prestazioni perché il conteggio venga effettuato dai competenti funzionari dell’ente.

Di qui si originano alcuni dubbi che vale la pena di sciogliere. Ad esempio, uno dei punti essenziali della proiezione della pensione dei medici di famiglia è l’inserimento del reddito futuro. Può accadere che, guardando la nota di risposta degli Uffici Enpam, il medico si meravigli di trovare un reddito presunto sensibilmente superiore rispetto a quello dichiarato come reddito imponibile nella Certificazione Unica della Asl. Ebbene, occorre tenere conto del fatto che dall’imponibile dichiarato dalla Asl vengono dedotti i contributi a carico del medico, che dopo la riforma Fornero sono piuttosto elevati (per il 2017 per i medici di famiglia sono pari all’8,625% del reddito professionale). Come facilmente intuibile, invece, a termini di Regolamento la Fondazione ricostruisce i compensi utili ai fini del calcolo (e delle eventuali proiezioni successive) sulla base dell’intera contribuzione in ciascun anno versata e delle aliquote pro tempore vigenti. Questo reddito viene poi leggermente limato dagli Uffici a fini prudenziali, perché l’interessato non vada incontro a delusioni, in caso di future riduzioni di compenso legate a diversi fattori (malattia, diminuzione del numero dei mutuati, eventi legati al contratto nazionale o territoriale).

Altro motivo di discussione è legato all’importo della possibile capitalizzazione della pensione: com’è noto, infatti, all’atto del pensionamento il medico di famiglia può optare per la trasformazione del 15% della pensione in una indennità in capitale. Sino al 2012 si poteva in buona sostanza stare certi che l’importo dell’indennità conseguibile fosse sempre in crescita con l’aumentare dell’età di pensionamento, ora invece non è sempre vero, e specie fra i 68 ed i 70 anni si assiste quasi sempre ad un lieve decremento. Perché?

Occorre ricordare che il calcolo della capitalizzazione della pensione maturata è fondato su due fattori: da un lato l’importo della pensione, dall’altro il coefficiente di capitalizzazione attuariale. Se il primo fattore tende a crescere con l’aumento dell’età, il secondo invece allo stesso tempo diminuisce, dovendo tenere attuarialmente conto della riduzione della media degli anni di futuro godimento della quota di pensione capitalizzata.

Dal momento che, dopo la riforma del 2013, il peso dei coefficienti di penalizzazione sull’intera pensione anticipata è divenuto superiore rispetto a quello delle maggiorazioni sui soli due anni (da 68 a 70) di possibile posticipazione del pensionamento, accade oggi con una certa frequenza che, specie su posizioni non particolarmente importanti, la riduzione del coefficiente di capitalizzazione non sia compensata dall’aumento della pensione maturata, e porti appunto, all’età di 70 anni, ad una lieve riduzione dell’indennità conseguibile, rispetto a quella calcolata al 68° anno di età.