Sanità,un esame su 3 non è indispensabile “Troppe prescrizioni”

I dati della Regione mentre il governo si prepara a una raffica di tagli: ogni mese 44mila richieste

giovedì 30 luglio 2015

ANTONELLO CASSANO  (Repubblica Bari)

In Puglia IL 35 per cento delle prescrizioni di visite ed esami è inappropriato. Il dato è emerso nel corso di una rilevazione condotta dall’assessorato alla Sanità nei mesi scorsi, in tempi non sospetti, quando alla guida c’era ancora Donato Pentassuglia. È proprio su quelle prestazioni inappropriate (visite, tac, ecografie in quantità eccessive) che ora il governo vuole intervenire con l’accetta per ridurre gli sprechi nella sanità e reperire soldi per coprire il calo delle tasse.

Un tema su cui però la Regione stava lavorando da tempo. Secondo un’altra analisi dell’assessorato effettuata fra ottobre 2014 e aprile 2015, ogni mese in media si rilasciano in Puglia circa 44mila prescrizioni. Per 12 mesi fanno 528mila. Una cifra importante che secondo i tecnici dell’assessorato andrebbe ridotta. Anche perché delle 44mila prestazioni mensili è stato calcolato che solo 4.600 prescrizioni sono munite del codice esatto di biffatura tra “urgente” e “breve”. Il resto rientra fra gli esami “programmabili” che finiscono nella sempre più lunga sacca delle liste d’attesa.

«Un fenomeno che andrebbe governato a monte – dice l’ex assessore Pentassuglia – Quel che è certo è che almeno il 30 per cento degli esami sono inutili, cioè hanno senso solo se considerati nell’ottica di medicina difensiva ». Ma nel periodo fra ottobre 2014 e aprile 2015 si è verificato un altro fenomeno: le richieste di prestazioni mediche da parte dei pazienti pugliesi sono aumentate. A seconda dei territori, gli incrementi variavano dal 7 al 12 per cento.

Il consigliere del Pd non si limita a elencare gli sprechi e individua un’altra fonte di possibili risparmi. Ossia la “rigenerazione” (il riutilizzo) di protesi e ausili dimenticati negli scantinati dei distretti delle varie Asl: «Da questa voce potremmo ricavare risparmi per 30-40 milioni di euro». Cifre che non bastano a coprire i pesanti tagli del governo, però, che equivalgono a circa 450 milioni di euro in meno nel fondo sanitario regionale fra 2015 e 2017. Un tema, quest’ultimo, di cui si discute oggi in Conferenza Stato-Regioni a Roma alla presenza anche del presidente Michele Emiliano: «Non possono esserci tagli lineari – commenta ancora Pentassuglia – ma all’interno di un macrosistema possiamo individuare aree e sacche di sperpero di denaro. Questa strada, la Puglia l’aveva intrapresa». Poi, fa intendere, a causa della fine della legislatura il percorso si è interrotto.

«Il problema – gli fa eco Filippo Anelli, presidente dell’Ordine dei medici di Bari – è che dietro la parolina magica dell’appropriatezza si nasconde un disegno che ci porterà a una sanità a doppio binario, quella assicurativa da una parte e quella del servizio pubblico dall’altra. Il rischio è che converrà fare una assicurazione sulle prestazioni mediche». Sulla stessa linea Antonio Mazzarella, segretario regionale della Cgil Medici: «Ci sono margini per un risparmio, ma temo che il governo punterà solo su tagli lineari. Il problema è che manca un vero e proprio regime sanzionatorio per quei medici che fanno un uso di prescrizioni decisamente eccessivo».

Alla fine, come sempre, a far fronte alle emergenze in corsia saranno medici e infermieri degli ospedali, alle prese con organici sempre più sguarniti e stanchi. È quanto conferma anche Giuseppe Loverro, primario del reparto di Ginecologia e ostetricia al Policlinico di Bari: «L’età media dei medici che fanno le notti e le guardie di domenica, i festivi come Natale e Capodanno, è di quasi sessant’ anni. Abbiamo una popolazione medica invecchiata. Questo determina la mancata trasmissione del mestiere a due generazioni di medici. Un fatto gravissimo».