“Sicurezza zero e lacrime postume il delitto Labriola tragedia annunciata”

Motivazioni della sentenza un atto d’accusa “Centro frequentato da gente pericolosa si indaghi su chi doveva garantire i presidi”

sabato 18 aprile 2015

GABRIELLA DE MATTEIS  (Repubblica Bari)

Una tragedia «annunciata ». Questo è stato, secondo il giudice Roberto Oliveri del Castillo, l’omicidio di Paola Labriola, la psichiatra uccisa il 4 settembre del 2013 nel Centro di salute mentale di via Tenente Casale. Per il delitto è stato condannato a 30 anni Vincenzo Poliseno, paziente della vittima. E nelle motivazioni, il giudice non solo spiega il perché della sentenza, ma punta l’indice anche contro la mancanza di vigilanza dal momento che, scrive, gli organi preposti non hanno «mai previsto alcun tipo di pur minimo assetto o presidio di sicurezza a tutela del personale ». Un aspetto quello dell’assenza di misure che potessero garantire la sicurezza degli operatori della struttura sul quale il gup si concentra. «Il centro - aggiunge - era frequentato quotidianamente da soggetti con gravi turbe psichiche o con disagi del comportamento, anche già sottoposti a procedimenti penali per fatti violenti, come lo stesso Poliseno, che potevano in qualunque momento dar luogo a esplosioni di rabbia incontrollata nei confronti di chiunque e specialmente di operatori sanitari ». Per il gup Del Castillo, quindi, «resta da approfondire la questione legata a eventuali negligenze da parte degli organi competenti» a garantire la sicurezza, «al fine di rendere la tragedia un monito affinché in futuro non vi siano altre vittime del proprio dovere lasciate in balia degli eventi».

Il gup auspica accertamenti che devono essere «a tutela sia della memoria della vittima sia di chi continua a operare quoti- dianamente in posti di frontiera, siano essi scuole, ospedali o presidi di salute mentale, nell’interesse della collettività e nel disinteresse della pubblica amministrazione, salvo poi espri- mere cordoglio e lutto nei casi di omicidi di servitori dello Stato che muoiono nell’adempimento del proprio dovere quotidiano ».

Il pm Baldo Pisani ha recentemente chiuso il filone d’inchiesta sull’assenza di misure di sicurezza e sulla mancanza di un piano di valutazione dei rischi. Tra i sette indagati c’è anche l’allora direttore generale dell’Asl di Bari Domenico Colasanto.