Assegni di cura per malati saltano le tabelle
La decisione dei giudici rivoluziona il sistema attuale - Gravi situazioni per le famiglie dei pazienti terminali
domenica 12 febbraio 2017
La Gazzetta del MezzogiornoANTONELLO CASSANO CHIARA SPAGNOLO Meno soldi e meno beneficiari, pazienti gravi in attesa da mesi di ricevere i soldi necessari per curarsi e sentenze di tribunale che assomigliano tanto a una vittoria di Pirro. Il 2017 non porta buone notizie per i pugliesi destinatari degli assegni di cura regionali. Si tratta di persone malate di sclerosi laterale amiotrofica ( Sia), atrofia muscolare spinale (Sma) e patologie affini, nonché di malati definiti "gravissimi non autosufficienti", ovvero in coma vigile o dipendenti da macchinari. 120 milioni messi a disposizione dalla Regione per quest'anno non sono sufficienti a garantire l'assegno a tutti i 2.711 pazienti individuati negli anni scorsi, considerato che il Consiglio di Stato ha imposto il livellamento delle posizioni dei beneficiari, che fino a pochi mesi fa erano divisi tra malati di Sia, a cui venivano erogati 1.100 euro mensili, e altri, che ne ricevevano invece 600. Dal 2017 i destinatari dell'assegno di cura riceveranno tutti cifre che si aggireranno attorno ai 700 euro. Gli assegni di cura sono un beneficio piuttosto recente, visto che sono stati introdotti dalla Regione a partire dal 2012. Inizialmente la misura riguardava solo malati di Sia e Sma. A partire dal 2014, però, l'assegno è stato esteso anche alle persone gravissime non autosufficienti. La platea si è così allargata e oggi è costituita da 499 pazienti affetti da Sia e Sma, 119 in stato vegetativo o coma vigile e i rimanenti 2.096 riconducibili a situazioni di grave non autosufficienza. I primi guai arrivano a fine 2015, in seguito ad alcuni contenziosi attivati da un gruppo di beneficiari dell'assegno di cura più basso, ovvero quello da 600 euro mensili. Per fare fronte alle numerose richieste giunte da cittadini afflitti da diverse patologie invalidanti, la Regione aveva messo in conto di spendere 36 milioni per il biennio 2014/2016 ma i piani sono saltati a causa dei ricorsi presentati da alcuni pazienti "gravissimi non autosufficienti" contro la distinzione definita "discriminatoria" imposta dalla Regione. Sia il Tar Lecce che il Consiglio di Stato hanno accolto le tesi dei malati, imponendo all'ente di rivedere la normativa e a costruire "una misura più equa per ì potenziali beneficiari". La notizia ha fatto gridare vittoria a molte persone che con i 600 euro mensili non riuscivano a garantirsi le cure necessarie e alle loro famiglie, alle quali però è apparso chiaro che in realtà, tra le pieghe della sentenza positiva, si nascondeva un grosso pericolo. Ampliata di parecchio la platea dei beneficiari, infatti, la Regione si è trovata di fronte la lievitazione dei costi da sostenere, passati da 36 a 59 milioni. "Per la copertura di queste somme fanno sapere gli uffici regionali non si è determinato alcun debito fuori bilancio". Ma se pure l'assessorato al Welfare ha fatto sapere di avere trovato i 23 milioni mancanti nelle cifre accantonate negli anni passati, il meccanismo si è inceppato comunque. Alcune persone non ricevono l'assegno da mesi e continuano a inviare inutili sollecitazioni agli uffici competenti. Del resto, la situazione non appare rosea nemmeno per il futuro, considerato che la Regione si trova alle prese con la revisione dell'intero meccanismo e l'applicazione delle indicazioni del Consiglio di Stato. "Pur in presenza di vincoli di carattere finanziario scrivevano i giudici la Regione è tenuta ad affrontare le delicate situazioni o stanziando risorse aggiuntive o mediante una redistribuzione generale delle risorse". Considerato che la prima ipotesi è di difficile realizzazione a causa dei limitati trasferimenti statali, non resta che applicare il secondo metodo, ovvero restringere la platea dei beneficiari e diminuire l'assegno. Cioè rivedere tutto al ribasso. Per farlo è necessario un provvedimento della giunta regionale, che dovrebbe arrivare entro la fine di febbraio, che individui criteri precisi per rideterminare la platea degli aventi diritto. I tecnici del dipartimento della Salute, guidato da Giancarlo Ruscitti, e in particolar modo la dirigente della sezione inclusione sociale attiva, Anna Maria Candela, ci stanno lavorando da tempo. Quali possano essere questi criteri, per ora, non è chiaro, considerato che è ancora in corso la consultazione tra i tecnici regionali e le associazioni interessate. "Ci assumeremo la responsabilità della sintesi", dicono in Regione dove sono consapevoli di dover lavorare in tempi ristretti: "La nuova delibera di ridefinizione dell'assegno di cura scrivono i tecnici di via Gentile dovrà essere adottata entro febbraio per assicurare tempestiva ripresa della misura economica, in particolare per quei pazienti gravissimi che avendo compiuto già la 24esi-ma mensilità a fine 2016 non possono rimanere a lungo senza contributo economico". L'unica cosa certa è che i malati di Sia non avranno più una corsia privilegiata rispetto ad altri, come dimostra anche il fatto che dallo scorso settembre è stata temporaneamente sospesa la presentazione delle domande specifiche. Ora però anche per loro l'importo dell'assegno di cura mensile non dovrebbe superare i 7-800 euro. Ai pazienti affetti da Sia 1.100 euro mensili, 600 a tutti gli altri.