Dottoresse di guardia alto il rischio violenze

Dottoresse, l'insidia nascosta nelle sedi di guardia medica E sul fenomeno, un incontro in Prefettura con forze dell'ordine

sabato 04 novembre 2017

La Gazzetta del Mezzogiorno

Nel 2013, a Bari, Paola Labriola, psichiatra, è stata uccisa da un suo assistito, al centro di salute mentale del quartiere Libertà. Da allora è aumentata la richiesta di sicurezza da parte dei lavoratori, la cautela degli operatori del wel-fare ma, allo stesso tempo, il fenomeno si è spostato e si allargato dai servizi sociali alle corsie di ospedale. C'è il caso di eco nazionale, a Catania, l'aggressione nel Brindisino, fino ad arrivare a mille e uno «eventi sentinella» nelle guardie mediche di tutta la provincia: episodi di minacce, intimidazioni, aggressioni verbali ai danni dei medici donna in servizio, segnali tangibili di una violenza pronta ad esplodere. Il fenomeno è così rilevante che, nelle scorse settimane, i vertici della Asl di Bari sono stati convocati in prefettura, per un incontro con le forze dell'ordine. Vito Montanaro, direttore generale della Asl, precisa. «Da gennaio a settembre, in tutta l'Azienda barese, alle forze dell'ordine sono state segnalate 6 aggressioni fisiche a danni di medici, equamente distribuiti fra uomini e donne. Nessuna segnalazione specifica per violenza di genere, dunque. Alcune situazioni, tuttavia, hanno evidenziato un rischio in sé, soprattutto per i medici donna». Il turno notturno in guardia medica è, di sicuro, la condizione che espone di più i medici donna. «Nei pronto soccorso, aperti h24, o i punti di primo intervento, aperti h24 o hl2, il personale è sempre numeroso perché è prevista la presenza in week end, dal venerdì sera al lunedì mattina, rimanendo mol- to spesso soli in ambulatorio. «Le situazioni di maggior rischio si potrebbero verificare negli ambulatori che si trovano in strutture diverse dagli ospedali, magari isolate», spiega Montanaro. È il caso degli ambulatori di guardia medica dei comuni più piccoli o deUe frazioni. «In alcuni casi, se il contesto sociale e urbano è particolarmente difficile, abbiamo previsto il servizio di vigilanza h24», dice Montanaro. Ma il personale medico continua ad essere esposto. «Continuità assistenziale implica anche visite a domicilio. E lì non c'è vigilanza che tenga». Ed è quanto accaduto aUa dottoressa di Catania. Montanaro precisa. «Negli ospedali più grandi, la Asl assicura servizi di vigilanza con guardie giurate. Al Policlinico c'è addirittura il presidio fisso delle forze dell'ordine. Buona parte delle strutture sanitarie sono dotate di impianti di videosorveglianza, telefoni collegati con le forze dell'ordine, videocitofoni per accertarsi di chi arriva e di chi va. Si tratta di strumentazione non obbligatoria, ma opportuna, per garantire la sicurezza dei medici e del personale, così come previsto dalla legge. È evidente, però, che ci sono dei fattori di rischio che sfuggono e forse sfuggiranno sempre». Chi è l'aggressore tipo? «Di norma, un utente psichiatrico. C'è poi chi va in escandescenza per l'attesa o perché non ottiene le cure nei modi e nei tempi che pretende»