Pensioni di invalidità, la PA deve risarcire se non rende anonima la sentenza on line

Una sentenza della Cassazione rende illegittimi i provvedimenti privati liberamente accessibili

martedì 24 maggio 2016

Sole24ore Sanità
Vanno anonimizzati prima di essere pubblicati nelle banche dati dei siti istituzionali - in questo caso si trattava del sito della Corte dei conti siciliana – i provvedimenti in materia pensionistica contenenti dati sulla salute e sulla invalidità del richiedente. Lo ha stabilito la
Corte di cassazione, sentenza 20 maggio 2016, n. 10510, rinviando alla corte di merito la quantificazione del danno che il ricorrente non aveva specificato. Il carattere liberamente accessibile dell'archivio, infatti, rendeva illegittima la pubblicazione. In primo grado, invece, il tribunale di Palermo aveva bocciato la domanda non ravvisando alcun illecito nel comportamento della Corte dei conti.

Proposto ricorso, la Suprema corte, nell'accogliere la doglianza, da ultimo, ha richiamato la Deliberazione del Garante della Privacy del 2 dicembre 2010 - Linee guida sul trattamento dei dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali, per finalità di informazione giuridica – in cui si precisava che «relativamente ai dati idonei a rivelare lo stato di salute, esiste uno specifico divieto di diffusione anche per i soggetti pubblici», e che «la salvaguardia dei diritti degli interessati attraverso un oscuramento delle loro generalità, non pregiudica la finalità di informazione giuridica, ma può risultare necessaria nella prospettiva di un bilanciamento dei diversi interessi per tutelare la sfera di riservatezza dei soggetti coinvolti».

La «disciplina generale» dei modi di diffusione dei provvedimenti giurisdizionali, per finalità di informativa giuridica, invece è contenuta nell'articolo 52 del Dlgs 196/2003 secondo cui «l'interessato può esplicitamente chiedere, per motivi legittimi, con domanda depositata nella cancelleria, prima che sia definito il grado di giudizio, che, in caso di riproduzione del provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica, sia esclusa l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del soggetto interessato, riportati nel provvedimento stesso». Diversamente, nel settore civile, prosegue la sentenza, «vanno omessi, anche in mancanza di richiesta, le generalità, nonché altri dati identificativi, anche relativi a terzi, dai quali possa desumersi l'identità di minori oppure delle parti nei procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone».

Su questa previsione però, come visto, si innesta l'articolo  22 del Codice privacy, richiamato dal Garante, che afferma il principio per cui i «dati sensibilissimi, e specificamente quelli idonei a rivelare lo stato di salute non possono essere diffusi». «Tale indicazione - precisa la Cassazione - che non pare ammettere eccezioni, supera il punto di equilibrio indicato dall'articolo 52, con riferimento ai provvedimenti giurisdizionali, tra gli interessi della persona alla privacy, di sicura rilevanza costituzionale, e quelli, altrettanto rilevanti, all'integrale pubblicazione dei provvedimenti giurisdizionali, a scopo di informativa giuridica».