La rabbia soffocata nel silenzio dei medici sempre in trincea

L'Ordine tributa un premio alla memoria della vittima. E attacca la Asl

domenica 08 settembre 2013


CARLO STRAGAPEDE (La Gazzetta del Mezzogiorno)

•Il lavoro lentamente ricomincia, nei Centri di salute mentale di Bari, tre giorni dopo l'assassinio di Paola Labriola. Loro, gli psichiatri, tessitori silenziosi di una trama che dovrebbe tentare di ingabbiare il più sgusciante dei mali con gli strumenti della più inesatta delle scienze, sono in postazione, il sabato mattina, a fare il loro lavoro. Ascoltare, capire, metabolizzare il disagio altrui. Uomini e donne dalle rughe precoci, perché ascoltare richiede impegno, concentrazione, dedizione. Il comandamento dello psichiatra, nell'istante in cui incontra il paziente, è: dimenticare il resto.
Non sono professionisti della protesta ad alto volume i «dottori della mente» o «medici dei matti», come ancora li chiamano i baresi più anziani e forse meno acculturati. Loro amano la parola sussurrata, coltivano la virtù della pazienza, rifuggono dalla chiassata da mercato.
Eppure qualche segnale lo danno, sia pure con la discrezione di chi non vuole scavalcare le gerarchie della Sanità. Lasciano intendere ai vertici della Asl: «Noi siamo in trincea al pianterreno, voi che vivete nelle stanze dei bottoni, ai piani alti, fate qualcosa. Senza perdervi in inutili gangli burocratici».
Parole che leggi nei loro gesti cortesi, nelle sopracciglia aggrottate, nelle occhi ancora arrossati per la tragica fine della collega accoltellata da un paziente. Gesti accompagnati al massimo da queste parole: «Chiediamo più sicurezza, ma non scriva il mio nome, abbiamo fiducia nel nostro coordinatore, il dottor Michele De Michele», dice per esempio l'esperto specialista di turno al Centro di salute mentale di via Pasubio, quartiere Picone.
Solo due i pazienti in attesa, un giovane sui 25 anni e un uomo sui 45, tranquilli, inoffensivi. Unico sbarramento all'ingresso è il citofono. La porta in plexiglass è chiusa, arriva un operatore ad aprirla col tastino. Lo psichiatra in servizio appartiene a quel genere di persone attente a ottimizzare il tempo: «Non mi piace fare aspettare i pazienti», dice. E però offre un ricordo della collega Labriola: «All'inizio degli anni 90 arrivò al Csm di Santo Spirito, da Putignano. Abbiamo lavorato insieme. Tanto entusiasmo, tanta professionalità, tanta dedizione. Era un faro per i familiari».
In fondo al corridoio, il salone per le attività ludiche. Il cronista di lungo corso richiama alla me 
moria una mattinata allegra, una quindicina d'anni fa, con l'attrice Carmela Vincenti ospite d'onore, e ha ancora nelle orecchie le risate dei cosiddetti «matti». Lo psichiatra abbozza un sorriso: «Qui l'arteterapia continua. La nostra direttrice Maristella Buonsante ci tiene molto». La teatroterapia era uno dei pallini di Franco Basa-glia, lo psichiatra goriziano che chiuse i manicomi per legge e però non fece in tempo a vedere gli effetti della «180» per la sua morte prematura.
Via Quasimodo, Japigia, altro Csm, altro campanello, stavolta al primo piano. Mezzogiorno e 15. Sala d'attesa vuota. «Buongiorno, chiamo il dottore», dice l'educatrice. L'atteggiamento dello psichiatra è lo stesso del collega di Picone: «Abbiamo ricominciato», allarga le braccia l'uomo dal torace e dal sorriso ampi. Appena due parole, «abbiamo ricominciato», lontanissime dai clamori torrenziali dei Palazzi della politica. «Come si può non pensare a Paola? Era una persona splendida». Affronta il tema sicurezza: «Il  campanello qui c'è sempre stato. La differenza è che da oggi teniamo chiusa la porta che si aprirà dall'interno col pulsante. Invece fino a ieri era aperta a tutti», si congeda lo psichiatra.
In via Tenente Casale, al Libertà, ancora fiori e messaggi di affetto sulla saracinesca abbassata. Chiuso per solidarietà alla famiglia Labriola anche il Csm del San Paolo, in via Sassari, collegato amministrativamente al primo.

UN PREMIO ALLA MEMORIA
-In una dura nota, il direttivo dell'Ordine dei medici attacca la Regione e la Asl: «Gli amministratori prendano coscienza della situazione e finalmente raccolgano il grido di allarme e di dolore che da anni l'Ordine sta lanciando, inascoltato e anzi osteggiato per le sue puntuali denunce». Ieri l'organismo istituzionale ha deciso di conferire alla memoria della psichiatra Paola Labriola «barbaramente uccisa» il «Premio per la buona medicina 2013». Ritornando al nodo sicurezza, l'Omceo «giudica quanto meno inconsistenti le proposte della Regione e della Asl per la tutela dell'incolumità dei medici e del personale sanitario, peraltro formulate senza nemmeno avvertire la necessità di confrontarsi direttamente con gli operatori che giornalmente, pur con ogni difficoltà, comunque garantiscono i servizi. I medici rifiutano di essere il terminale su cui si scaricano tutte le conseguenza del disagio sociale che altri hanno determinato».