Oltre 10 miliardi di euro in fumo per la medicina difensiva

Le aree più colpite - ricorda l'esperto - sono ginecologia e ostetricia, ortopedia e alcuni interventi complessi.

mercoledì 17 dicembre 2014


ADN Kronos

Lo spettro di una denuncia si traduce in una pletora di esami inutili, ma anche nella rinuncia ad eseguire interventi rischiosi oppure operazioni su pazienti che hanno già portato in tribunale un medico. "La medicina difensiva è un serio problema per i sistemi sanitari di tutti i Paesi industrializzati. E in Italia costa oltre 10 miliardi di euro, circa lo 0,75% del Pil, una somma di poco inferiore a quanto investito dallo Stato in R&S". Lo spiega all'Adnkronos Salute Vincenzo Atella, direttore del Ceis Tor Vergata, che ne parla anche al convegno 'Medicina Difensiva - Regole che la inducono, regole che la riducono'.

"Le aree più colpite - ricorda l'esperto - sono ginecologia e ostetricia, ortopedia e alcuni interventi complessi. Ma il punto è che anche i costi appena ricordati sono solo una stima: uno degli obiettivi del Ceis è quello di realizzare una fotografia più dettagliata del fenomeno, primo passo per contrastarlo. Anche perché l'eccesso di interventi determina, a cascata, una serie di effetti negativi sul sistema sanitario, tra cui l'allungamento delle liste d'attesa per gli esami specialistici, l'ingolfamento dei pronto soccorso e l'occupazione più del dovuto di posti letto nelle strutture ospedaliere".

Negli ultimi anni questo meccanismo di autodifesa da parte dei professionisti del settore ha modificato, inoltre, "in modo sostanziale il rapporto medico-paziente. Con la medicina difensiva si tende, infatti, a spostare in modo rilevante l’asse della responsabilità sanitaria verso un assetto di tutela rafforzata del paziente, per evitare il contenzioso legale per 'medical malpractice', contenzioso che si è intensificato in modo anomalo".

Come mettere un freno alla medicina difensiva? "Non occorre andare lontano: basta guardare - dice Atella - all'esperienza e alle regole adottate in Francia e nei Paesi scandinavi. Ma è essenziale un intervento legislativo". Il tutto a partire da un'azione che intervenga sulla disciplina della responsabilità medica, anche perché "si è visto che questo non comporterebbe incrementi apprezzabili del rischio sopportato da pazienti e utenti di servizi sanitari. Occorrerebbe quindi prendere atto da subito dell’esistenza di problemi nella vigente disciplina della responsabilità medica, e agire di conseguenza per pensare a una sua riscrittura. E questo senza compiere scelte a favore di qualcuno e a discapito di altri. Ovvero pro medici e contro pazienti, o viceversa", dice l'esperto.

"Il punto è che occorre arrivare a una soluzione concordata, che faciliti l'intervento del legislatore. E proprio questo è uno degli obiettivi dell'incontro di domani", organizzato insieme all’Università Telematica Giustino Fortunato. "Dubito - confida Atella - che il 2015 sia l'anno risolutivo per sciogliere i nodi della medicina difensiva, ma se medici, pazienti, assicuratori riescono a trovare una soluzione condivisa, saremo già un bel pezzo avanti sul percorso".