Corte Conti Puglia: ricette false, condanna certa

Medico condannato a versare all'Erario la somma di euro 356.194 per farmaci iperprescritti, danno all'immagine e disservizio

martedì 16 giugno 2015

I medici di base (così come i farmacisti a rapporto convenzionale con il Ssn) partecipano all'erogazione di un pubblico servizio e sono tenuti all'osservanza di procedure amministrative di carattere pubblicistico per l'espletamento del servizio pubblico, disponendo e impegnando con la loro attività risorse pubbliche del Ssn. Lo scrive Paola Ferrari sul Sole 24 Ore Sanità.

Ed essendo in modo continuativo parte dell'organizzazione strutturale, operativa e procedimentale delle Asl così da potersi configurare tra gli stessi (medici, farmacisti) e queste ultime un vero e proprio rapporto di servizio idoneo a fondare la giurisdizione della Corte dei conti, come più volte ribadito dalla Corte di cassazione, sugli eventuali illeciti erariali compiuti.

 Il danno causato alle casse pubbliche dal medico che rilascia ricette false in accordo con l'informatore farmaceutico e con il farmacista, può essere determinato dalla media (c.d "ampia") calcolata sulla differenza tra quanto da lui prescritto e la media di quanto prescritto dai suoi colleghi sugli stessi farmaci.

Il metodo di calcolo empirico, in genere non ammesso, può essere adottato quando altri elementi, gravi e concordanti, supportino l'esistenza di un comportamento connotato da colpa grave, in particolare quando la prescrizione sia per numero eccedente le effettive necessità terapeutiche e/o la quantità prescrivibile nel periodo oppure quando la ricetta sia stata emessa a paziente del tutto ignaro.

 Questa è la ragione per la quale la Corte dei conti della Puglia con la sentenza n. 258/2015 del 30 aprile ha condannato un medico di famiglia a versare all'Erario la somma di euro 356.194 per farmaci iperprescritti, danno all'immagine e disservizio, in concorso con tre farmacisti condannati a rifondere complessivamente altri 36mila euro.

Farmatruffa. Un meccanismo di truffa ben oliato che coinvolgeva informatori, medici e farmacisti scoperchiato dalla segnalazione di un funzionario addetto al controllo delle ricette che notò, da parte di alcune farmacie, la richiesta di rimborso di farmaci diabetici a un unico paziente per copertura di un anno di terapia. Nel caso preso in esame, il medico consegnava le ricette all'informatore che poi le portava alle farmacie per procedere al rimborso o per venire in aiuto alle farmacie che avevano necessità di smaltire le scorte di uno specifico medicinale. Un sistema che permetteva al medico e al farmacista di incassare delle "provvigioni" sul fatturato generato e un certo numero di vantaggi e regalie tramite gli informatori.

La tecnica era semplice: una ricetta falsa per ogni ricetta vera. In questo modo se il paziente fosse stato interrogato avrebbe confermato l'assunzione del farmaco. I sanitari truffaldini non tennero conto che quei pazienti non erano clienti della farmacia. Del danno, patrimoniale e non patrimoniale, a causa del rimborso del costo dei farmaci conseguente alla spedizione delle ricette connesse alla conclusione di patti corruttivi, deve rispondere, secondo la sentenza, innanzitutto il medico che, in difformità del dovere che discende dall'essere un pubblico ufficiale, ha stretto un accordo truffaldino con l'informatore. Poiché il danno materiale non è duplicabile, i farmacisti dovranno rimborsare parte del danno di immagine e il costo del disservizio per la movimentazione delle ricette false.

Fonte Il Sole 24 Ore Sanità