Le Regioni: E sono a nostre spese pure i tagli alla Sanità

Manca il numero legale in Senato: lavori in salita

martedì 28 luglio 2015

Libero
Dopo avere strombazzato ai quattro venti i virtuosi tagli alla spesa pubblica e una rivoluzione nella Sanità, il governo di Matteo Renzi e la sua maggioranza hanno scoperto che si può tagliare tutto meno i week end lunghi così amati dai parlamentari. Così ieri, al debutto ufficiale della spending review sanitaria, a mancare sono stati soprattutto i senatori di maggioranza (...)

 Lavori fermi al Senato: mancava il numero legale Pagheremo noi anche i tagli alla sanità Renzi riduce i pagamenti alle Regioni che poi useranno le forbici. La rivolta dei governatori: «Così è a rischio il sistema» (...) che avrebbero dovuto votarla e parte di quelli di opposizione che vorrebbero bocciarla. Per ben quattro volte il Senato ha dovuto fermare i suoi lavori perchè non era in numero legale. Sono saltati così per mancanza di senatori i voti preliminari al decreto legge sugli enti locali (le rituali pregiudiziali di costituzionalità), il cui testo dovrà essere cambiato da un maxi emendamento del governo che introdurrà fin dal 2015 la manovra sulla sanità. Si riproverà questa mattina alle nove, onorevoli vacanzieri permettendo.

Ma il percorso è tutto in salita. Perchè sui tagli alla Sanità non sembra esserci grande accordo con gli enti locali così come all'interno della maggioranza e perfino dell'esecutivo. Tutti allarmati per una sforbiciata da «10 miliardi» che deriva però più dal titolo che Repubblica ha dato a una intervista al commissario governativo alla spending review, Yoram Gutgeld, che ai reali contenuti della manovra dell'esecutivo. Secondo le bozze del maxi-emendamento al decreto enti locali in realtà gli interventi sulla sanità dovrebbero valere 2,3 miliardi di euro sia nel 2015 che nel 2016-2017, gran parte dei quali (1,3 miliardi di euro) dovrebbero derivare da riduzione di acquisti di beni ospedalieri anche disdettando unilateralmente i contratti in corso nell'anno.

L'altra grande cifra della manovra dovrebbe riguardare la spesa farmaceutica (308 milioni), e assai meno l'operazione per disincentivare la cosiddetta medicina difensiva, quella praticata al di là delle reali necessità dei pazienti per evitare il rischio cause. Dovrebbero essere tagliati ricoveri e prescrizioni non necessarie. Non sarà il governo a fornirle nel dettaglio: ridurrà i pagamenti alle Regioni, e saranno poi loro a dovere ottenere i risparmi, che nel 2015 sarebbero pesantissimi, perchè di fatto quei 2,3 miliardi dovrebbero essere ottenuti in soli quattro mesi: fra settembre e dicem- bre (quindi valgono tre volte tanto su base annua).

Ma quel solo titolo di Repubblica e le confuse anticipazioni di Gutgeld hanno subito provocato un braccio di ferro istituzionale. Ieri a tuonare erano ovviamente le Regioni, per bocca del veneto Luca Coletto, coordinatore di tutti gli assessori alla Sanità italiani: «Se si prosegue così», ha gridato, «salta il sistema della universalità della sanità pubblica e tutte le Regioni andranno in Piano di rientro. In sostanza, oltre alle tasse, gli italiani dovranno pagare le prestazioni sanitarie privatamente.

Con una nuova spending review non ci saranno più Regioni ben-chmark e Regioni no: tutti, oltre alle tasse, dovremo pagare le prestazioni sanitarie privatamente. Non siamo più in grado di poter sopportare tagli orizzontali». Più violento di Coletto solo il presidente della sua giunta, Luca Zaia: «Renzi vuole tagliare la sanità? Se non vuole uccidere le realtà virtuose come il Veneto, lo faccia esclusivamente e rigorosamente applicando i costi standard. È semplicemente scandaloso farlo attraverso qualsiasi altro mezzo».

Il testo definitivo dei tagli alla Sanità a dire il vero ancora non è noto: circola solo la bozza già comunicata alle Regioni (quella dei 2,3 miliardi sopra ricordata). Ma è accompagnata dal possibile rinforzo di numerose cifre di possibili tagli che si basano più su antiche leggende metropolitane che su dati reali. In ambienti governativi circolano fantasiosi studi che calcolerebbero addirittura in 10 miliardi di euro i costi della medicina difensiva. Cifre clamorose le ha in molte occasioni fatte conoscere lo stesso Gutgeld, sostenendo che dalla razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi potrebbero essere ottenuti fra i 7 e i 10 miliardi di euro a regime anche soltanto con la riduzione a 34 delle centrali principali di fornitura. Gutgeld continua a citare come esempio di spreco nella sanità il caso della siringa che verrebbe pagata nelle regioni del Sud anche tre volte quel che viene speso nelle Regioni del Nord.

È uno slogan che si perpetua ormai da tre lustri. Non è chiaro chi e quando ne abbia verificata la fondatezza (e sarebbe bene che prima di fare le manovre il commissario alla spending review sappia di che si parla), ma è certo che quell'assunto oggi sia del tutto falso: la siringa ha lo stesso prezzo (0,02 euro) nei bandi di gara per le forniture in Sicilia e in Lombardia, come con lievissime variazioni nel resto d'Italia. Mentre Gutgeld pensa di risparmiare centinaia di milioni di euro sulle forniture di siringhe, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin circa due mesi fa aveva organizzato al suo ministero due giornate di studio e dibattito sulle bufale e le verità che circolavano a proposito della sanità italiana. Una delle bufale analizzata era proprio quella dei costi diversi della siringa fra Nord e Sud Italia.

Così all'interno dello stesso governo abbiamo l'uomo della spending review a dire che risparmierà tanto con le siringhe e il ministro della Salute che sorride spiegando come sia un grandissima sciocchezza. Ha ragione la Lorenzin, che per altro si sta battendo anche per fare restare dentro la Sanità gli eventuali risparmi che si attendono con la manovra: il sistema ha bisogno infatti di risorse aggiuntive per potere fornire a tutti gli italiani i nuovi costosissimi medicinali arrivati sul mercato (primo di tutti quello per sconfiggere l'epatite C).