Con WhatsApp abbiamo preso il molestatore"

Un benzinaio tormentava le dottoresse E una di loro ha escogitato un sistema

sabato 24 marzo 2018

Repubblica Bari

Cenzio Di Zanni hatsApp può sventare una molestia a sfondo sessuale e assicurare il (presunto) responsabile alla giustizia. Caterina Rotunno, 45 anni, specialista in Chirurgia pediatrica e da 10 anni guardia medica in vari comuni della provincia lo sa bene. E stata sua Fintuizione che ha messo i carabinieri di Monopoli sulle tracce del molestatore seriale arrestato ieri. Lo stesso che per mesi è stato lo spauracchio delle colleghe di tutta la provincia. E un uomo di Modugno, 49 anni, sposato, benzinaio di professione a Casamassima. Dal 2011 sono stati 17 gli episodi di violenza accertati ai danni di 10 dottoresse in servizio notturno di guardia medica negli ambulatori di Castellana, Noicattaro, Bitritto, Casamassima, Triggiano, Conversano, Putignano e Acquaviva. «Se è stato beccato, è proprio grazie alla chat di WhatsApp messa in piedi il 19 ottobre 2017 per raccogliere tutte le colleghe in servizio di guardia medica nella provincia di Bari. Perché solo scambiandoci le informazioni fra di noi sarebbe stato possibile capire dove avrebbe agito il molestatore», racconta la dottoressa che aveva già segnalato il benzinaio sei anni fa. Ma senza successo. «In questi anni — spiega — ha continuato a chiamare e a presentarsi. Ovviamente quando mi riconosceva la telefonata non veniva seguita dalla visita. 

Altre volte veniva comunque, ma io lo tenevo sull'uscio e con una scusa, sempre e comunque dando importanza ai suoi sintomi e dandogli verbalmente una terapia, lo mandavo via in maniera frettolosa». Poi, nel corso della notte fra il 9 e il 10 ottobre, qualche giorno prima di aprire il gruppo WhatsApp, il telefono della sua sede squilla ancora: «Avevo capito che fosse lui per le modalità utilizzate, però dopo la solita chiamata, intorno alle 21,30, non venne più». Ed è così che l'indomani, con più di qualche motivo per essere preoccupata, la dottoressa informa di tutto il suo capo. Come già accaduto in passato, d'altronde. E puntualmente. Annotando sul registro tutti gli accessi dell'uomo e le telefonate ricevute, pure quelle mute. 

Senza però poter risalire al numero di telefono: «Nella nostra sede — non c'è Fidentifìcativo del chiamante, come accade in moltissime altre sedi». Da qui la richiesta al superiore: «Per cortesia facciamo un tabulato telefonico?», gli disse lei. La risposta: «Scrivi una bella letterina e la manderò a chi di dovere». A scrivere dovevano essere in tante, bando alle telefonate e alle denunce fatte verbalmente. «Così si è accesa la lampadina». Lidea, inizialmente, è invitare le colleghe a mettere per iscritto le segnalazioni dei problemi di sicurezza, avrebbero dovuto farlo tutte le guardie mediche donna in servizio in tutte le sedi della provincia in cui è prevista una sola unità. Tutte per tutti i problemi. La dottoressa Rotunno non poteva certo pensare che il molestatore avesse preso di mira anche altre colleghe. «Avevo pensato che la cosa fosse isolata, che riguardasse la mia guardia. E ho cominciato ad avvertire le colleghe reperibili qui». L'iniziativa, però, consente di scoprire di più. «Molte di loro avevano avuto a che fare con quest'uomo e l'abbiamo scoperto su WhatsApp». Identiche le modalità di azione. La prima telefonata intorno alle 21,30. Poi la richiesta di essere visitato appena cinque minuti prima della chiusura, intorno alle 22,25, «per essere certo di essere l'ultimo paziente e di poter agire in maniera indisturbata». Al telefono generalità sempre diverse, tranne il domicilio: «Diceva sempre di abitare in via Bari». Tanto che quella via diventa un indizio e, insieme, un motivo di allarme, anche se «non ha mai avuto un atteggiamento aggressivo». Stesso copiane pure per i disturbi lamentati: «Un forte dolore inguinale». Come accaduto sei anni fa alla stessa dottoressa Rotunno: «Era lui a voler condurre la visita a modo suo, dicendo di mettere le mani in determinati punti, a livello dei genitali». Tutto torna, anche nei racconti delle colleghe. 


Sempre su WhatsApp. Fino a una notte di novembre. Quando Fuomo chiama tre posti di guardia medica diversi, fra cui quello di Castellana Grotte. Gli indizi ci sono. E lui si presenta lì. La dottoressa lancia l'allarme nella chat. Quando lo vede arrivare urla: «Stanno arrivando i carabinieri». Lui scappa. Ma l'indomani, grazie al numero di telefono, i militari risalgono all'uomo. E dopo le indagini lo arrestano