Ordine dei Medici e Università: al sistema Puglia servono più medici e nuovi percorsi formativi

Comunicato stampa Ordine dei Medici di Bari

giovedì 12 febbraio 2015

Le borse di studio di specialità in Puglia sono il 70% della media nazionale, mentre il numero di accessi alla Facoltà di Medicina in Puglia è la metà del Veneto, a fronte della stessa popolazione. Per questo Ordine e Università chiedono un riallineamento del numero di laureati e di borse di specializzazione e un ripensamento dei percorsi formativi di accesso alla professione, attraverso una più attenta programmazione, che nasca da una stretta collaborazione tra OMCeO, Ateneo e Regione. È quanto è emerso da un incontro che si è tenuto ieri presso l’Ordine di Bari tra il Presidente dell’Ordine Filippo Anelli, i membri del Consiglio dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Bari, il Rettore dell’Università di Bari Antonio Uricchio, il Preside della Scuola di Medicina Paolo Livrea, il Presidente del Corso di Laurea MC Antonio Moschetta e i quattro Direttori di Dipartimento.
 
Bari 12 febbraio 2015 – Riallineamento del numero di laureati e di borse di specializzazione e ripensamento dei percorsi formativi di accesso alla professione, attraverso una più attenta programmazione, che nasca da una stretta collaborazione tra Ordini dei Medici, Università e Regione. Sono alcune delle proposte emerse da un incontro che si è tenuto ieri presso l’OMCeO di Bari tra i rappresentanti dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Bari, il Rettore dell’Università di Bari Antonio Uricchio, il Preside della Scuola di Medicina Paolo Livrea, il Presidente del Corso di Laurea MC Antonio Moschetta e i quattro Direttori di Dipartimento. L’incontro è nato dall’esigenza di analizzare la situazione critica in cui versano i percorsi formativi dei futuri medici per l’accesso alla professione e individuare possibili soluzioni.
 
La programmazione in questi anni non ha funzionato, creando disoccupazione, lavoro precario ed emigrazione. Ma va anche ripensata la durata del percorso formativo, che appare desueta, lunga nei tempi e poco efficiente. E in ultima analisi vanno rivisti i criteri e i metodi di selezione per l’accesso al percorso formativo, che incappano periodicamente in ricorsi e sentenze del TAR, vanificando di fatto il numero chiuso.
 
Uno dei primi problemi è legato al disallineamento tra accesso all’Università e accesso alle specializzazioni e al corso di Medicina Generale. I medici fuori dai percorsi formativi post lauream in questi sei ultimi anni sono pari a 4794, con una media annua di circa 800 medici che non riescono a specializzarsi o diplomarsi in medicina generale e che di fatto quindi sono laureati in medicina, ma non possono accedere alla professione. Parliamo quindi di medici che hanno affrontato un percorso formativo di 6 anni e su cui il sistema ha investito risorse - 160.000 euro circa per l'intero iter formativo di 11 anni - che rimangono inutilizzate o prendono la strada dell’estero.
La prima richiesta emersa dall’incontro è quindi l’urgente equiparazione –attraverso un Decreto Legge -  tra numero di iscritti alla Facoltà di Medicina e il numero delle borse di specializzazione. Da tempo l’Università rileva come il numero di borse di studio in Puglia sia il 70% della media nazionale.
 
Ma le criticità sono anche a monte della laurea: sempre dal 2009 al 2014 sono 17.530 gli iscritti alla facoltà di medicina che non arrivano alla laurea. Quel 30% di studenti che si perdono per strada rappresentano un forte campanello di allarme che impone una urgente verifica dell’attuale percorso formativo di medicina.
Un percorso che porta i medici a laurearsi molto tardi e ad accedere al mondo del lavoro dopo i trentanni. Per anticipare l’uscita, da tempo l’Ordine propone di:
—  allargare la sperimentazione del MiUR sul liceo in 4 anni,
—  abbreviare il corso di studi in medicina a 5 anni (come invita a fare la Direttiva della Commissione europea),
—  ridurre il numero di anni di specializzazione, in linea con quanto già accade in altri paesi europei.
 
Ma il punto cruciale è la definizione della programmazione, dato che a partire dal 2018, a causa della “gobba pensionistica”, nel periodo 2018-2023, la differenza tra pensionati e laureati determinerebbe un fabbisogno di 38.460 medici in Puglia.
Una stima di fabbisogno confermato anche dai dati dell’Università di Bari: confrontando il numero degli immatricolati con quello dei pensionabili iscritti all’Ordine di Bari, se i numeri in ingresso rimangono invariati, da qui a 10 anni complessivamente mancherebbero 3375 medici. Fra ingressi e pensionamenti esiste un gap più preoccupante per alcune aree territoriali rispetto ad altre: il numero di iscritti alla Facoltà di Medicina stabiliti dal numero chiuso è la meta del Veneto, a fronte della stessa popolazione.
“La Puglia non può essere una Regione di serie B -  sottolinea Uricchio - nei percorsi formativi offerti agli studenti”. A questo proposito il Prof. Livrea ha ribadito che la mission dell’Università non possa essere il pareggio di bilancio ma la formazione degli studenti e dei futuri medici: “abbiamo in Puglia il più basso numero in Italia di immatricolati annuali, mentre il numero di unità del corpo docente è sceso. Chi non trova capienza nel sistema pugliese, se può va altrove”.
 
Urge inoltre ottimizzare la programmazione. Serve un Osservatorio che raccolga i dati sulla professione per supportare meglio la programmazione e i numeri di accesso alla formazione e alle scuole di specializzazione, attraverso una più precisa definizione dei fabbisogni. Occorre sapere di quanti e quali medici il territorio abbia bisogno.
 
Il Rettore Uricchio ha evidenziato il periodo emergenziale che la Scuola di Medicina ha dovuto affrontare nell’ultimo anno a causa dei ricorsi al Tar sugli esiti degli esami di accesso e ha caldeggiato una collaborazione tra Ordini e Università: “Riflette la mia visione dell’Università come istituzione che deve aprirsi alla società e dialogare. Occorre stabilire percorsi di collaborazione per migliorare l’offerta formativa. Per questo il Senato Accademico ha approvato la costituzione di una Consulta degli Ordini professionali, per definire formalmente un rapporto con i rappresentanti della professione. Chiederemo anche agli Ordini dei medici di indicare rappresentati nella Consulta”.
La Consulta si presenta quindi come un osservatorio delle professioni che possa individuare le azioni da intraprendere anche in funzione dell’andamento del mercato del lavoro. L’Università, per esempio intende proporre alla Regione Scuole di specializzazione che mancano completamente e che l’Ateneo potrebbe offrire perché richieste dal mondo del lavoro. C’è un grande ritardo da parte del nostro sistema formativo, che si spera venga colmato attraverso l’adozione del Protocollo Ministero – Università approvato a ottobre scorso, che l’Ateneo di Bari punta a siglare con la il Sistema sanitario regionale entro il marzo prossimo.
 
Per quanto riguarda l’ingresso all’Università, a oggi, non è chiaro come si svolgeranno i test di accesso alla Facoltà di Medicina il prossimo anno. Il pre-orientamento e la preselezione, con la formazione negli ultimi anni di scuola superiore, è un modello cui tendere - come proposto dalla Crui, la Conferenza dei Rettori delle Università italiane - attraverso il self-assesment e il voto di diploma come fattore di valutazione, per allontanarsi dall’approccio dei quiz di cultura generale, sganciato dal percorso di studi che si intende affrontare. Il numero di coloro che non completano gli studi è molto alto, con fattori di dispersione fisiologici e abbandoni patologici. Tra le cause ci sono scelte inconsapevoli, percorsi scelti senza avere l’orientamento opportuno, che potrebbero essere affrontati attraverso il pre-orientamento nelle scuole e l’istituzione di un’agenzia per il placement, ma anche una ridefinizione dei criteri di selezione.
 
 Filippo Anelli, Presidente dell’Ordine, auspica che “ci sia un sorpasso del sistema-Puglia sul sistema nazionale, con scelte d’avanguardia in termini di percorsi formativi e programmazione, grazie alla collaborazione tra rappresentanti della professione e Università, con il coinvolgimento del governo regionale. Se la situazione attuale dovesse rimanere inalterata, non potrebbero essere garantiti gli standard di qualità minimi al percorso formativo, a causa di carenza di aule e di docenti. E questo ovviamente ci preoccupa, perché ha ripercussioni sulla preparazione e sulla competenza di questi medici nel momento in cui accederanno al mondo del lavoro. Ma c’è anche il rischio che sul territorio vengano a mancare i medici e ci sia carenza di personale nel sistema sanitario, con conseguenze nefaste in termini di stress professionale, errori medici e ricorso alla medicina difensiva”.