Guai grossi per il medico che tiene male la cartella clinica

La difettosa tenuta della cartella clinica vale come prova contraria al medico in caso di contenziosi

martedì 15 novembre 2016

SOLE 24 ORE SANITA'
 La difettosa tenuta della cartella clinica vale come prova contraria al medico nel caso in cui al paziente proprio in funzione di questa negligenza siano insorte delle complicanze. È questo quanto si ricava dalla sentenza n. 22639/2016, depositata l'8 novembre dalla Corte di cassazione. A promuovere l'azione giudiziaria contro il chirurgo, l'Asl e le compagnie assicuratrici, un paziente che aveva subito due operazioni che avevano prodotto danni gravi imputabili a errore professionale. I giudici di merito respingevano le richieste, ignorando la perizia di parte e ritenendo che non fosse stata fornita la prova del nesso causale per il primo intervento, poi ricaduto sul secondo, e sostenendo che le complicanze subite dal paziente derivavano «da un evento iatrogeno non meglio precisabile considerata la scarsa, superficiale e non completa compilazione della cartella clinica». Ma a risultare decisiva è questa negligenza, che la Corte d'appello ha fatto pesare sul paziente. Un'impostazione, scrive la Cassazione, che «non corrisponde al consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Suprema corte, che nell'incompletezza della cartella clinica - che è obbligo del sanitario tenere invece in modo adeguato - rinviene proprio, in considerazione anche del principio della prossimità della prova, il presupposto perché scatti la prova presuntiva del nesso causale a sfavore del medico, qualora la condotta dello stesso sia astrattamente idonea a cagionare quanto lamentato». Su questa vicenda si esprimeranno i giudici del rinvio.

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