Video controllo a distanza dei lavoratori: quando è lecito

Prime riflessioni sulla recente normativa conciliando nuove tecnologie e privacy

sabato 09 gennaio 2016

FISCAL FOCUS:

prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151 “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, avvenuta il 24 settembre 2015, l’art. 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei Lavoratori) vietava l’utilizzo di impianti audiovisivi e di apparecchiature di controllo al solo scopo di controllare i lavoratori, con l’unica eccezione di quegli impianti funzionali allo svolgimento dell’attività imprenditoriale e di sicurezza del lavoro. Per impianti audiovisivi e apparecchiature di controllo, il “vecchio” art. 4 della legge 300/70 intende i soli impianti fissi (telecamere) e non anche i computer o strumenti analoghi.

Con il recentissimo intervento fatto dal legislatore in materia di controlli a distanza, l’art. 4 della legge 300/1970 ha subìto delle modifiche sostanziali, necessarie ad adeguare la stessa norma all’evoluzione tecnologica, mantenendo integre le disposizioni in materia di Codice sulla privacy. Lo scopo dell’intervento non è quello di liberalizzare indiscriminatamente i controlli, ma di far chiarezza sull’attuale significato di strumenti di controllo a distanza e sulle modalità di utilizzo dei dati raccolti, nell’era di internet e dei molti dispositivi mobili (device) utilizzati comunemente dai lavoratori per lo svolgimento della loro prestazione. In particolare, ora viene previsto che le aziende possano effettuare controlli a distanza sui lavoratori facendo uso di strumenti elettronici dati in dotazione ai propri dipendenti se essi sono funzionali allo svolgimento dell’attività lavorativa.

Ma come dovranno essere svolti i controlli e utilizzati i dati acquisiti?

Una nota del Ministero del lavoro fa luce su come debbano essere effettuati i controlli. Viene infatti chiarito che, gli strumenti di controllo a distanza da cui possano derivare anche controlli ai lavoratori, possono essere installati:

esclusivamente per esigenze organizzative e produttive;
per la sicurezza del lavoro;
per la tutela del patrimonio aziendale.

I dispositivi dovranno contenere solo software necessari allo svolgimento della prestazione lavorativa forniti in dotazione al dipendente. Infatti, viene chiarito che potranno essere utilizzati “per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro”, e pertanto anche ai fini disciplinari a condizione che i lavoratori dipendenti vengano appositamente informati circa le modalità d’uso degli strumenti e dei relativi controlli, e che vengano rispettate le norme del Codice della privacy.


In sostanza il datore di lavoro, per poter utilizzare i dati raccolti anche ai fini disciplinari, deve informare il lavoratore della possibilità che in futuro potrebbe subire ispezioni da parte dell’azienda.

Se prima della revisione della disciplina sui controlli a distanza era previsto uno specifico accordo con le rappresentanze sindacali o, in mancanza, una specifica autorizzazione da parte della competente Direzione territoriale del lavoro (DTL) del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ora viene invece previsto che tale autorizzazione dovrà esistere nel caso di controlli mediante l’utilizzo di telecamere o qualora l’impresa abbia unità produttive distribuite su più province o regioni.

Con l’approvazione della norma attuativa del Jobs Act, non viene richiesto al datore di lavoro uno specifico accordo sindacale e una specifica autorizzazione in caso di dotazione dei dipendenti di computer, tablet e smartphone nonché per gli strumenti di registrazione degli accessi e delle uscite, cosa che, invece, viene richiesta nel caso di installazione di impianti fissi (telecamere).

Esiste poi il problema dei controlli a distanza cd. difensivi ovvero quei controlli posti in essere dal datore di lavoro al fine di poter accertare eventuali comportamenti illeciti da parte dei propri dipendenti e sulla possibilità di poter utilizzare in giudizio le prove acquisite tramite tali controlli. Sebbene l’art. 4 comma 1 dello Statuto dei lavoratori preveda l’assoluto divieto di utilizzo di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature finalizzate al controllo a distanza dei lavoratori, questo viene a sostituirsi con l’art. 4 comma 2 il quale consente di installare tali apparecchiature di controllo se queste sono “richieste da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro” previo accordo con le organizzazioni sindacali o, in mancanza, previa autorizzazione della DTL.

Posto che la nota chiarificatrice del Ministero del lavoro e delle politiche sociali non è vincolante nelle aule dei Tribunali, ciò che è importante tenere presente è che l’azienda dovrà sottostare obbligatoriamente al rispetto delle norme sulla privacy, il tutto a tutela del lavoratore. Il d.lgs. 196/2003, infatti, contiene una serie di importanti principi sulla scorta dei quali il Garante per la protezione dei dati personali ha anche emanato delle linee guida circa l’utilizzo della posta elettronica e di internet nel rapporto di lavoro.

Riferimenti normativi:

legge 300/1970 (Statuto dei lavoratori);
d.lgs. 196/2003 (c.d. Codice della Privacy);
d.lgs. 151/2015 (Decreto attuativo del Job Act);
nota 08 Aprile 2010 Garante della privacy;
sentenza Suprema Corte di Cassazione n. 3122 del 17/02/2015;
nota 18 Giugno 2015 Ministero del lavoro e delle politiche sociali.



AUTORE: LORENA MARCUGINI - GRUPPO ODCEC AREA LAVORO