Certificati sport, Scotti (Fimmg): ora si rischia la certificazione difensiva

Anziche' favorire stili di vita corretti, si burocratizza tutto

mercoledì 10 settembre 2014


Prima il certificato, poi l’Ecg e poi il referto magari dello specialista, con un impatto da non sottovalutare per le tasche degli assistiti. È questa, secondo il vicesegretario di Fimmg Silvestro Scotti, una delle ricadute delle linee guida del ministero della Salute sul rilascio dei certificati sportivi per l’attività non agonistica. In teoria il certificato è obbligatorio, al di là dello sport professionistico, solo per l’attività sportiva non agonistica, ovvero quelle organizzate dal Coni.

Eppure le richieste continuano, per quella che Scotti definisce «certificazione difensiva». I gestori, cioè, pensano di tutelarsi rispetto alle coperture assicurative e i medici di famiglia sono “tenuti” a fare il certificato «pur non potendo certificare la compatibilità del paziente con attività fisiche libere o comunque stabilite dall’istruttore, di cui» spiega il vicesegretario Fimmg «non possiamo conoscere il carico reale».

A questo stato di cose, già piuttosto confuso, si aggiunge la richiesta dei cardiologi che per voce del presidente della Fondazione Italiana Cuore e Circolazione Francesco Fedele sottolineano come debba essere «il cardiologo o il medico dello sport a certificare, altrimenti si rischia una diagnosi imperfetta o “inutile”». Una refertazione che, secondo Scotti, è di troppo «a meno che non vengano rilevate anomalie. L’unico caso nel quale è richiesto un parere dello specialista. Altrimenti» continua «si tratta di un costo ulteriore, perché oltre alla refertazione è inclusa una visita specialistica, per interpretare l’esame che non è una peculiarità dello specialista.

Oltretutto non esiste una casistica così significativa di soggetti che hanno avuto episodi critici da richiedere il parere dello specialista». Scotti, in conclusione, solleva un ulteriore paradosso che emerge «mentre si dovrebbe incoraggiare la popolazione a uno stile di vita più sano e si dovrebbe favorire la diffusione della pratica sportiva, si passa il messaggio che l’attività sportiva è un ambito medico sanitario. Una medicalizzazione eccessiva che» conclude Scotti «è inopportuna».

Marco Malagutti  (Doctor 33)