Certificati sportivi: ancora confusione

Ci sono strutture che chiedono il documento anche se non necessario. I compiti dei medici

lunedì 20 febbraio 2017

DOTT-NET

Non c'è ancora chiarezza sui certificati medico-sportivi: palestre e piscine continuano a chiederlo benché con il Decreto del fare del 2013 si sia tentato di regolamentare il settore. Ma la materia rimane oscura, tanto che il ministero della Salute è intervenuto più volte, come nel 2014 con le "Linee guida di indirizzo in materia di certificati medici per l’attività sportiva non agonistica" dove si precisa chi deve fare il certificato, ovvero gli alunni che svolgono attività fisico-sportive parascolastiche, organizzate cioè dalle scuole al di fuori dall’orario di lezione; chi partecipa ai giochi sportivi studenteschi nelle fasi precedenti a quella nazionale e coloro che fanno sport presso società affiliate alle Federazioni sportive nazionali e al Coni.

Un testo, tuttavia, ancora in chiaro scuro al quale si è aggiunta, nel 2015, la nota esplicativa delle Linee guida, in cui si specifica, tra l’altro, che per "coloro" s’intendono le "persone fisiche tesserate" e ha chiesto al Coni di limitare l’obbligo di certificazione ai "tesserati che svolgono attività sportive regolamentate" ed esonerare i tesserati "che svolgono attività sportive che non comportano impegno fisico" e quelli che "non svolgono alcuna attività sportiva". A giugno dell’anno scorso il Coni ha chiarito che, oltre ai tesserati non praticanti, non devono fare il certificato coloro che svolgono queste attività: tiro a segno, tiro a volo, tiro con l’arco, tiro dinamico sportivo, biliardo, bocce (eccetto volo di tiro veloce), bowling, bridge, dama, scacchi, golf, pesca sportiva di superficie, curling, giochi con aerei e barche telecomandate. L’obbligo di presentare il certificato c’è solo per i tesserati che fanno attività sportive regolamentate.

In pratica, spiega Attilio Turchetta, responsabile dell’unità operativa di medicina dello sport all’Ospedale Bambino Gesù di Roma in un'intervista al Corriere della Sera, "Se ci si iscrive in palestra o si fa nuoto libero in piscina, il discrimine tra l’obbligo di presentare il certificato medico oppure no dipende dal posto dove si pratica lo sport. Bisogna farlo se la struttura è affiliata al Coni, non serve se non lo è". Per ottenere il rilascio del certificato, quando è obbligatorio, sono necessari l’anamnesi e l’esame obiettivo (la visita) con misurazione della pressione e un elettrocardiogramma (ecg) a riposo effettuato almeno una volta nella vita. Diverse strutture, però, chiedono un ecg recente. "Le linee guida del Ministero specificano che basta quello pregresso – chiarisce ancora Turchetta -. Se si cambia piscina o palestra occorre rifarlo?" "Personalmente - risponde il pediatra - consiglio sempre di dare una copia alla società sportiva esibendo l’originale come prova, in modo da poterlo utilizzare in futuro".

Per quanto riguarda le attività non agonistiche, in base alle linee guida del Ministero della Salute, il certificato medico per attività sportive può essere rilasciato dai medici di medicina generale e dai pediatri per i propri assistiti, o da specialisti in medicina dello sport. Ha validità massima di un anno ed è a pagamento, eccetto i casi di attività ed eventi sportivi scolastici come i giochi della gioventù. "Se si tratta di ragazzi, per ottenere il rilascio del certificato è necessario presentare il referto di un elettrocardiogramma (ecg), anche pregresso, fatto almeno una volta nella vita – chiarisce al Corriere Giampietro Chiamenti, presidente della Fimp -. Va sottolineato che l’esame, eccetto che per i certificati scolastici previsti dalla legge, non sempre è gratuito".

Il più delle volte, infatti, le liste di attesa nelle strutture sanitarie pubbliche sono lunghe, allora bisogna fare l’ecg in un centro privato, pagandolo. Tra certificati, ecg, iscrizione per accedere a palestre o piscine, per una famiglia con più figli è un vero e proprio balzello. "Troppe spese inducono a rinunciare allo sport e così si allontanano i ragazzi dall’attività motoria, ottenendo un risultato contrario alle intenzioni del legislatore - osserva il pediatra al quotidiano -. Palestre e piscine, poi, spesso continuano a richiedere il certificato medico per una questione meramente burocratica. Persino un corso di acquaticità per un bambino di 9 mesi, se fatto in una piscina affiliata al Coni, richiede l’obbligo del certificato di attività non agonistica. Come pediatri - ricorda Chiamenti - avevamo chiesto che il certificato medico non fosse mai necessario sotto i sei anni, visto che fino a quell’età i bambini svolgono attività ludico-amatoriali. Si è tentato, poi, di trovare una soluzione chiedendo al Coni di pronunciarsi in base alle diverse tipologie di tesseramento".