La mia vita di medico in trincea dopo le botte adesso ho paura

La campagna dell'Ordine dei Medici contr le aggressioni ai medici

mercoledì 22 marzo 2017

REPUBBLICA BARI

A NTONELLO CASSANO OMBRETTA è anche l'ultima dottoressa pugliese, in ordine di tempo, ad aver subito un'aggressione da parte di un paziente. Lultima di una lunga serie, visto che la Puglia ha il triste primato in Italia per aggressioni contro camici bianchi: dal 1984 al 2016, il 26 per cento del totale delle violenze contro medici si è verificato nella nostra regione. Un record, seguito a grande distanza dalla Sicilia 
(16 per cento) e dalla Lombardia (13 per cento). Ed è un record anche la carriera di Ombretta, costellata di aggressioni e violenze. Come quella subita nel suo primo incarico: 2007, tre mesi di contratto all'ospedale di Turi: "Vittima di un'aggressione in un turno di notte. Praticamente sono stata messa in un angolo dal padre di un ragazzo che avevo visitato e a cui avevo fornito la terapia. La mia colpa era quella di aver fatto una ricetta e non dato i farmaci. Mi avevano preso per una farmacia. Sono stata salvata solo perché in quella sede isolata c'è la postazione del 118 e uno dei soccorritori, sentendo le urla del padre e del figlio, è corso in ambulatorio facendoli fuggire". Ma è la seconda esperienza di lavoro, all'ospedale San Paolo di Bari, che si trasforma in una escalation di aggressioni: " Ho lavorato con le reperibilità dall'inizio del 2008 fino a giugno scorso. Facevo servizio diurno e notturno, in sostituzione dei colleghi con contratto a tempo indeterminato. Ma di giorno o di notte non fa differenza, visto che le aggressioni al San Paolo si sono verificate tutte in pieno giorno". È il caso del ragazzo che rovesciò una scrivania perché Ombretta e i suoi colleghi si rifiutarono di prescrivergli un farmaco che non potevano somministrare. Ma c'è anche la volta in cui la dottoressa, incinta della sua prima figlia e sola al lavoro, fu minacciata di morte da un signore che pretendeva un certificato di malattia per una settimana" anche se noi per contratto non possiamo prescrivere più di tre giorni di riposo. Quel signore mi disse che mi avrebbe rotto le gambe, roba da mafiosi. Si calmò solo all'arrivo di un mio collega". Le storie di violenza si susseguono, come quella volta in cui un paziente psichiatrico perseguitò Ombretta e le sue colleghe: "A me disse che se non l'avessi fatto ricoverare mi avrebbe fatto fare la stessa fine di Paola Labriola (la psichiatra barese barbaramente uccisa da un suo paziente in un centro di salute mentale nel 2013). Chiamai i colleghi del 118 che vennero e lo tranquillizzarono, ma dopo qualche ora tornò in ospedale e diede fuoco al citofono".

Oggi Ombretta lavora in una guardia medica a Statte, a pochi chilometri da Taranto. Ha un contratto a tempo determinato che scade a giugno di quest'anno e ora ha paura ogni volta che va a lavoro perché è qui che il 26 febbraio scorso ha subito la sua ultima aggressione: "Un utente abituale del centro, agli arresti domiciliari, che mi importunava da giorni, si è presentato in ambulatorio e mi ha minacciato per 40 minuti, mostrandomi anche il manico di una pistola, solo perché voleva che gli prescrivessi farmaci oppiacei. Ho finito quel turno di lavoro in condizioni indescrivibili. La vista di quell'arma mi aveva terrorizzata". Dopo quell'episodio, che Ombretta ha segnalato anche al governatore Michele Emiliano, l' Asi ha deciso di inviare nella struttura una guardia giurata. "Ora però pare che il servizio terminerà il 31 marzo. Posso solo dire che abbiamo già avuto una nostra collega ammazzata nel Salento, la dottoressa Maria Monteduro (uccisa nel 1999 nelle campagne di Castrignano del Capo) e provvedimenti reali non sono stati presi. In Sardegna, a Oristano, nel 2003 è stata uccisa un'altra collega, la dottoressa Zedda. Ma da allora in quella regione c'è una guardia giurata per ogni presidio di guardia medica". Qualcosa però sembra muoversi anche in Puglia. Dopo l'aggressione di Statte, l'Ordine dei medici di Bari ha deciso di reagire e denunciare la pericolosa situazione in cui si trovano i camici bianchi, attraverso il lancio di una campagna di comunicazione. La dottoressa barese però non si è arresa e ha deciso di raccogliere in un libro alcune testimonianze di colleghi e colleghe che hanno subito minacce o violenze sul posto di lavoro: "Ho raccolto più di 20 storie. Sono storie di aggressioni e di stalking: un collega malmenato da un paziente psichiatrico, una collega pedinata in macchina da un utente. Ce ne sono tante di storie, alcune con nome e cognome e altre anonime, perché le persone hanno paura anche a denunciare. C'è una tale rassegnazione in giro tra i medici che fa spavento". E forse è anche per questo che ormai la maggior parte delle colleghe di Ombretta si fa accompagnare, dal marito, dal padre, dal fratello, sul posto di lavoro "ma c'è addirittura chi paga di tasca propria qualcuno che stia con loro durante il turno di notte, e questa è una cosa gravissima. Non è possibile condizionare la vita di famiglie intere o rimetterci di tasca propria per garantire la propria sicurezza mentre si cerca solo di fare il proprio dovere".