L’ira delle Casse previdenza, non siamo speculatori

Innalzare dall’11% al 20%, il prelievo fiscale sui fondi pensione. Da gennaio aumenta al 26% la tassazione per le casse pensionistiche

sabato 18 ottobre 2014

Ansa) – ROMA, 16 OTT – Per le Casse di previdenza oggi è il ‘giorno dell’ira': la manovra del governo è piovuta come una doccia fredda sulle aspettative dei presidenti alla guida dei 19 enti di previdenza privati e privatizzati che speravano fino all’ultimo su un fisco più amichevole, in linea con gli altri paesi europei dove il risparmio pensionistico è tassato ai minimi o esente.

Contro la scelta dell’esecutivo di innalzare dall’11% al 20% (art.44 della legge di stabilità), il prelievo fiscale sui fondi pensione, il secondo pilastro previdenziale, e di far lievitare dal primo gennaio 2015 al 26% (dal 20% attuale grazie a un credito d’imposta nel dl 66 che si esaurisce a fine anno) la tassazione per le casse pensionistiche dei circa 2 milioni di professionisti, si infrangono anche le buone intenzioni degli enti di impiegare meglio e di più parte dei 60 miliardi di risparmio previdenziale investendo di più sull’Italia (oggi il 70% del monte risparmi è messo a frutto oltre frontiera) attraverso un fondo da 3-5 miliardi di euro per sostenere l’economia reale e il sistema Italia.

“Sulla tassazione delle rendite finanziarie il governo non fa differenza fra l’investimento privato per un profitto e l’investimento a supporto della sostenibilità previdenziale – ha commentato all’Ansa il presidente della Fondazione Enpam Alberto Oliveti -. Pertanto preso atto di questo, nell’impiegare i nostri soldi, d’ora in avanti, tuteleremo esclusivamente l’interesse dei nostri iscritti”.

“Una gravissima miopia istituzionale” lancia l’allarme Andrea Camporese presidente dell’Adepp, associazione che riunisce le Casse private i cui presidenti sono stati convocati in assemblea straordinaria giovedì prossimo. Lo sconcerto è grande e le reazioni, amare dopo quasi due mesi di incontri con il ministro dell’Economia che avrebbero delineato ”tutt’altra linea”, non si fanno attendere. Per il presidente della Cassa commercialisti Renzo Guffanti, è ”venuto meno il rapporto di fiducia e di credibilità”, e annuncia che il prossimo cda valuterà se ”liquidare l’intero portafoglio in titoli di Stato”, il 16-17% del patrimonio, per un valore del 800 milioni di euro’.

”Se per quella data non si intravedono schiarite la risposta migliore è questa” taglia corto Guffanti definendo la manovra ”una nuova vessazione” ma miope: il governo ci guadagnerà poco più di 100 milioni. Intanto però gli assegni pensionistici degli oltre due milioni di professionisti rischiano di dimagrire in media del 15%, forbice che si amplia quanto più l’età’ del contribuente è giovane.

”Sarà il governo a spiegare a centinaia di migliaia di giovani professionisti che guadagnano meno di 1.000 euro al mese, le motivazioni di questa scelta” afferma Camporese, interpretando le difficoltà delle Casse strette tra la doppia tassazione e la necessità di garantire assegni dignitosi agli iscritti, soprattutto in tempi di crisi e di redditi che calano, come sottolineano i presidente di Inarcassa, Paola Muratorio, e di Enpapi Mario Schiavon.
”Noi siamo pronti ad aiutare il paese, come ci viene chiesto, ma ci trattano da fondi speculativi” chiosa il presidente della Cassa forense Nunzio Luciano, pronto anch’egli a rivedere la composizione del portafoglio titoli a favore di ”livelli di redditività piu’ adatta”. Stessa linea il presidente dell’Enpam (medici e odontoiatri), Alberto Oliveti: ”nell’impiegare i nostri soldi d’ora in avanti tuteleremo esclusivamente l’interesse dei nostri iscritti” dice mentre l’ipotesi del ‘fondo dei fondi’ appare sempre piu’ in bilico. Molte le voci della politica, dal Pd a Fi, a sollevarsi in difesa delle pensioni future. Lello Di Gioia, bicamerale di controllo sugli enti: ”La manovra uccide la previdenza complementare e colpisce il risparmio dei lavoratori che con i fondi pensione pensano di sopperire al sistema contributivo”.

(Paola Barbetti/Ansa)