Facoltà di Medicina romena a Enna, disco verde del Tribunale di Caltanissetta

Il Miur paga le spese processuali. - Il caso esplose lo scorso settembre.

mercoledì 03 febbraio 2016

Sole 24 ore Sanita
I 50 aspiranti medici italiani che si sono iscritti alla Facoltà di Medicina “rumena” di Enna possono dormire sonni più tranquilli, almeno per ora. Dal giudice civile del tribunale di Caltanissetta è infatti arrivato il disco verde ai corsi di Medicina attivati nella città siciliana dall'università rumena Dunarea de Jos. Respinte, quindi le tesi del Miur che aveva dato mandato all'Avvocatura di Stato di avviare il procedimento per bloccare i corsi, sostenendo che l'università rumena aveva aperto una facoltà in territorio italiano senza alcuna autorizzazione del Miur. Il caso esplose lo scorso settembre. Scatenando un’ondata di polemiche anche da parte dei sindacati medici, come l’Anaao, che paventava il rischio di una «privatizzazione da far west», che di fatto avrebbe aperto una nuova possibilità di aggirare le normative su test di ingresso e numero chiuso. Bypassando così sia la programmazione italiana (con tutti i suoi limiti) sia quella europea, osservava Fnomceo.

Ma intanto i corsi in rumeno per Medicina e Professioni sanitarie a Enna proseguono, anzi non si sono mai interrotti, dopo l’inaugurazione del primo anno accademico il 14 dicembre scorso. Nonostante il sequestro dei locali adibiti all’interno dell’ospedale di Enna e messi a disposizione dall’Azienda sanitaria provinciale attraverso apposita convenzione. Per lo svolgimento delle lezioni sono stati infatti trovati subito dei locali alternativi a 500 metri dall’ospedale Umberto I.

L’iniziativa gestita dalla Fondazione Proserpina, amministrata da Mirello Crisafulli (esponente del Pd siciliano) si presentava già allora come un'estensione sul territorio ennese della “Dunarea des Jos” di Galati in Romania.

E il rettore della stessa Università Dunarea de Jos ha più volte ribadito che a Enna non è stata aperta nessuna filiale, bensì una estensione didattica in aula remota nel rispetto del Trattato per il funzionamento dell'Unione europea: per tale ragione, non necessita di alcun tipo di accreditamento da parte del ministero italiano, in quanto già dotato dei necessari accreditamenti da parte del governo della Romania e dell'Unione europea. E il giudice nisseno ha accolto le tesi dei legali della Dunarea.

Il Miur aveva chiesto al giudice civile nisseno un provvedimento cautelare d'urgenza «ex articolo 700», contro il Fondo Proserpina Srl, l'Università Kore di Enna, l'Asp di Enna, l'università romena, gli assessorati regionali alla Salute e all'Istruzione. Nel ricorso il ministero sostiene che l'attivazione dei corsi di laurea in convenzione con l'Università rumena costituirebbe un illegittimo aggiramento del divieto reso in precedenza dallo stesso ministero all'attivazione di corsi di laurea e post laurea nel settore medico, ma il giudice ha rigettato il ricorso perché non sussistono i requisiti dell'urgenza e del grave danno.

Per il giudice «il reale obiettivo del ministero sarebbe quello di impedire il conseguimento (o quantomeno la spendita) del titolo rumeno in Italia» ma osserva motivando il provvedimento di rigetto, che «nel caso in cui il Miur ritenesse che tali titoli non trovino automatico riconoscimento nel nostro Paese, ben potrebbe adottare, nell'ambito delle proprie attribuzioni, un formale provvedimento di diniego di tale efficacia, non risultando necessaria una preventiva pronuncia da parte dell'autorità giudiziaria. Qualora, al contrario, il ministero ritenesse che tali titoli godano del riconoscimento automatico in Italia, mal si comprenderebbe su quale base giustificare la chiesta interruzione dei corsi».

E il giudice ritiene infondato anche «il paventato vulnus nel possibile aggiramento della normativa nazionale in materia di quote annuali massime di ingresso ai corsi di laurea in medicina e chirurgia e in professioni sanitarie e nella mancata garanzia della qualità degli insegnamenti impartiti».

«Mette infatti appena conto rilevare - si legge nell’ordinanza - che i corsi in questione sono stati attivati da parte dell'Università “Dunarea de Jos” di Galati, ossia da un Ateneo rumeno (in quanto tale non inserito all'interno del sistema universitario italiano), volti al rilascio di titoli da parte della medesima Università, senza alcuna refluenza, dunque, sul sistema italiano delle quote. E ciò tanto ove si ritenesse che nella fattispecie in esame si versi in un'ipotesi di vera e propria “delocalizzazione” dell'attività didattica, quanto nel diverso caso di mera partecipazione da parte di studenti che si trovano in Italia di lezioni tenute in Romania attraverso il sistema della c.d. “aula remota”».

L’ex senatore assapora la vittoria. «Prendo atto con soddisfazione della sentenza del giudice di Caltanissetta. E' prevalso il diritto sulle varie opinioni fino ad ora sentite», commenta Crisafulli, presidente del Fondo Proserpina, interfaccia dell'università rumena.

Il giudice che ha rigettato il ricorso del Miur ha inoltre condannato il Miur al pagamento delle spese processuali sostenute «dalla Fondazione Proserpina e dal Fondo Proserpina s.r.l. (in solido tra loro), dall'Università degli Studi di Enna Kore, dall'Azienda Sanitaria Provinciale di Enna, dall'Assessorato regionale della Salute e dall'Assessorato regionale dell'Istruzione e della Formazione Professionale (in solido tra loro) e dall'Università “Dunarea de Jos”, liquidate in 2.190,00 ciascuno, oltre Iva, Cpa e rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, come per legge».

Duro il commento di Anaao Giovani: «Ancora una volta si resta basiti verso questa ordinanza - sottolinea il responsabile nazionale Domenico Montemurro - che di fatto se il Miur non si opporrà, aprirà le porte ai furbetti che vogliono aggirare il numero chiuso in Italia. Non sono affatto certo che il territorio ennese, abbia bisogno di simili escamotage per creare indotto commerciale e posti di lavoro. Al solito chi potrà pagare, avrà una laurea in Medicina, chi no dovrà sudare per averla. Il colmo è che questa querelle in salsa rumena, lascia l'amaro in bocca anche per quei siciliani che stanno scappando dal loro territorio per trovare lavoro all'estero».


Ma l’iscrizione alla facoltà rumena delocalizzata non è del tutto libera e comporta comunque un certo livello di difficoltà. «Gli studenti della sede decentrata di Enna - fa sapere il portavoce del Fondo Proserpina, Gianfranco Gravina - affrontano ben due test di ingresso». Prima delle prove per l’iscrizione all’università pubblica rumena, devono frequentare infatti un corso di lingua (del costo di 2.200 euro) e ottenere un attestato ad hoc. D’altro canto le lezioni sono tenute da docenti rumeni in lingua rumena. Quanto costa il tutto? «I costi ammontano a 9.500 euro l’anno - spiega Gravina - ma la tassa è comprensiva della maggior parte dei libri di testo e degli stage che si frequentano presso l’ateneo di Galati, dove si svolgono le esercitazioni sui cadaveri».