Infermiere di famiglia in sperimentazione a Cuneo con il progetto “Consenso”

Ogni infermiere seguira a domicilio 500 anziani fragiili

martedì 26 luglio 2016

SOLE 24 ORE  SANITA - Una professione che sta crescendo, in consapevolezza del ruolo e capacità di sinergia con gli altri ruoli sanitari, ma paradossalmente diminuendo numericamente: l’infermiere rappresenta una delle chiavi di volta della ristrutturazione della sanità pubblica, provata da anni di contrazione delle risorse, attraverso l'organizzazione di nuove forme di assistenza ai pazienti, in stretta collaborazione con i medici e gli altri professionisti del settore. Con un nuovo ruolo per gli infermieri, che in Piemonte è in incubazione già da tempo.

Esempio perfetto è il caso dell’infermiere di famiglia: entra nel vivo a settembre Consenso, progetto europeo che prevede l'attivazione di quattro professionisti, ciascuno per una popolazione di 500 ultrasessantacinquenni sul territorio dell’Asl Cn1. Saranno “infermieri di famiglia”, nuova forma di impiego delle risorse infermieristiche per rispondere ai reali bisogni di salute della popolazione. Co-finanziato nell’ambito del Programma di Cooperazione Territoriale Europeo “Spazio Alpino” 2014-2020, Consenso (Community nurse supporting elderly in a changing society) affida alla Regione Piemonte il coordinamento di una partnership che coinvolge dieci partner europei. L’obiettivo è aiutare gli anziani a vivere autonomamente nel proprio domicilio il più a lungo possibile, offrendo supporto nelle attività della vita quotidiana, nella promozione dell'inclusione sociale, nella prevenzione degli incidenti domestici, nell'assistenza nelle terapie, nel monitoraggio dei vari indicatori di salute.
Ma prima di Consenso, già nel 2005 il Piemonte aveva avviato un Master specialistico in Infermieristica di Famiglia e di Comunità, che ogni anno offre alla Regione almeno 20 professionisti formati, che però ancora non trovano un impiego sistematico, a parte i casi sporadici di Biella ed Alessandria, con una inspiegabile dispersione di risorse economiche e professionali.


E il caso dell'infermiere di famiglia è solo uno degli esempi di nuove declinazioni della professione infermieristica che in Piemonte, lentamente, si stanno avviando e che molto giovamento potrebbero portare sia ai pazienti che ai servizi, con una concreta redistribuzione del carico di lavoro. Un altro ambito di sperimentazione è quello delle Rsa aperte, previste con la Dgr n.34-3309 del 16 maggio 2016, che prevede l’attivazione di servizi domiciliari da parte di alcune residenze sanitarie assistite del territorio in casi particolari di pazienti anziani non autosufficienti, su cui possono, e dovrebbero, essere coinvolti gli infermieri. Per la Regione si tratta di un tassello fondamentale della rete di assistenza territoriale approvata nell'aprile 2015 con la delibera che avviava il potenziamento dei servizi per la residenzialità. Per i pazienti senz’altro un’opportunità in più, che sarà presentata al momento della valutazione geriatrica.

Per finire, anche sul tema dei servizi psichiatrici potrebbero aprirsi nuove possibilità di utilizzo del “nuovo” infermiere: è in corso da tempo sul territorio una profonda riorganizzazione che procede di delibera in delibera. E anche in questo settore l’obiettivo generale a cui si tende è ridurre il ricorso alla residenzialità, quando possibile. Una risposta concreta potrebbe essere lo sviluppo di reti integrate di cura e assistenza, che coinvolgano in maniera sistematica la figura dell’infermiere, accanto allo psicologo o lo psichiatra. Ma in quest’ambito si attende la nuova delibera per veder meglio definiti ruoli e funzioni.

Una trasformazione complessa quindi dell’attività degli infermieri piemontesi, che può essere un'avanguardia anche per altre regioni. Resta il problema, cronico, delle risorse disponibili: in una situazione di endemica carenza di infermieri sul piano nazionale che va progressivamente aggravandosi, in Piemonte dal 2009 al 2014 gli infermieri sono diminuiti di circa il 3%, con una necessità urgente di circa 1.000 professionisti rispetto al fabbisogno indicato dalle direttive europee. E ciascun professionista ha oggi un carico medio di circa dieci pazienti ciascuno, a fronte del rapporto di un infermiere ogni sei pazienti, che secondo gli standard internazionali, e con la conferma di numerosi studi, garantisce la sicurezza delle cure.