Sei a processo per Labriola c'è anche l'ex direttore Colasanto

Sei a giudizio per la morte della psichiatra uccisa Tra gli imputati anche l'ex direttore dell'Asl, Colasanto

mercoledì 19 ottobre 2016

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
Sei persone a giudizio, tra cui l'ex direttore generale della Asl di Bari Domenico Colasanto, per i quali il pm Baldo Pisano ipotizza i reati di morte come conseguenza di altro delitto, omissione di atti d'ufficio e induzione indebita a dare o promettere utilità. Per quest'ultimo rispondono anche l'ex segretario di Colasanto, Antonio Ciocia, un altro dipendente Asl (Giorgio Sa-ponaro) per aver "pressato con insistenza il funzionario Alberto Gallo nella predisposizione di falsi documenti di valutazione dei rischi. Il processo inizierà il 2 febbraio 2017, sono accusati di falso materiale in atto pubblico anche due altri funzionari, Baldassarre Lucarelli e Pasquale Bianco. Calabrese nella giustizia ci spera, ma una cosa non l'aiuta. Quei documenti falsati. "È una cosa che mi fa arrabbiare molto - si sfoga allora - parliamo pro- prio di miseria umana. Per quanto uno possa essere impaurito e mettere mani dove non deve, qui si tratta di assumersi delle responsabilità". E allora Vito Calabrese ricorda, e diventa un fiume in piena: "Paola aveva denunciato un episodio avvenuto poco prima, ci fu un parapiglia causato da una persona problematica, che era fuori di sé. Per garantire la sicurezza avevano messo un usciere, che a sua volta è una persona problematica. E il giorno della morte di Paola lui non c'era". Alcune risposte saranno impossibili da trovare, per il marito di Labriola. Ci ha provato, con un libro - "Portare la vita in salvo", edito da La Meridiana - che presenta con cura a ogni incontro pubblico, come farà anche oggi alle 18,30alla libreria Zaum. E stato il suo modo di razionalizzare, lasciare sedimentare. Calabrese le risposte continua a cercarle. Nei "simboli", come li chiama nel libro, nelle commemorazioni, nelle targhe. Nell'asilo aziendale dell'Università di Bari, intitolato a Paola poco più di un mese dopo la morte e mai aperto. È uno schiaffo, ma lui è contento delle novità: dopo aver scritto una lettera al rettore per avere un in- contro, ha di recente incontrato un'ingegnera che gli ha parlato di tempi tecnici risolvibili. È invece rammaricato per quella rotonda sul lungomare che non mai avuto una cerimonia ufficiale - e che porta la targa con quella definizione che a lei sarebbe piaciuta, "medico dell'anima" -anche se spera che la negligenza sia dovuta ai lavori in corso nella zona. Si è parlato anche di intitolare a Labriola il nuovo ponte dell'Asse nord-sud. "Mi ha fatto piacere saperlo, anche se le proposte sono tante. Quel ponte mi piace tanto, ma se succederà non voglio che poi ci siano polemiche". Una cosa, però, resta senza risposta. Non il dopo, ma quello che è successo quel mattino di tre anni fa. Un pensiero che naturalmente diventa ossessivo, soprattutto quando si pensa alla mancanza di sicurezza. "Ora purtroppo per me nei centri di salute mentale c'è una guardia giurata - conclude il marito - A uno ho pure chiesto: tu che avresti fatto? Mi ha risposto che sarebbe intervenuto con l'alt, e se quello non si fosse fermato gli avrebbe sparato alle gambe"